Trentaquattro anni, laureato in Economia Aziendale, sposato e papà di due gemelle di 2 anni: Francesco Giuseppe Palumbo della Medis srl – azienda attiva nel settore della sorveglianza sanitaria e della sicurezza sul lavoro di cui è presidente -dallo scorso 13 giugno è il nuovo leader dei Giovani imprenditori di Confindustria Salerno. In questa intervista spiega, con schiettezza e dovizia di particolari, la sua personale trasformazione da imprenditore di seconda generazione a capitano di più di un’avventura in solitaria, passando per i buoni propositi legati alla sua nuova importante carica associativa
Presidente, lei già a 18 anni ha cominciato a muovere i primi passi nell’azienda di famiglia. Di cosa si è occupato e come ricorda il Francesco di allora?
Sì, sono diventato “adulto” facendo il mio ingresso nel mondo del lavoro abbastanza presto, animato dall’amore e dalla passione che traspariva, evidente e forte, negli occhi di mio padre. Una passione che ritengo possa essere considerata alla pari di un gene ereditario. Nei primi anni degli studi superiori, come spesso succede per tanti ragazzi, il mio più grande desiderio era quello di poter andare a studiare fuori regione, ma l’aver “respirato” fin da piccolissimo la fabbrica, mi hanno fatto scegliere di restare e optare per un ateneo che fosse a pochi km dall’azienda di famiglia, così da dividere equamente la giornata tra studio e lavoro.
Sentivo in realtà un bisogno “forte” di voler essere presente, utile, ero tremendamente affascinato dall’idea di dare il mio contributo, di diventare indipendente anche da un punto di vista economico. Mi piaceva studiare, ma più che altro mi piaceva mettere in pratica quello che studiavo direttamente in azienda con l’obiettivo di migliorarne le performance. Sebbene avessi capito fin da subito di avere una naturale attitudine per responsabilità di tipo commerciale, ricordo con grande piacere di aver iniziato “dal basso” e di essermi provato un po’ in tutti i ruoli. “Prima di esigere dagli altri, avrei dovuto saper eseguire io stesso”, diceva mio padre. Non l’ho mai dimenticato, anzi per me questa filosofia è valsa un po’ da mantra. Nella vita più e nel lavoro – sono certo – conta cosa vuoi e i sacrifici che sei disposto a fare per ottenerlo e la mia vita è un po’ lo specchio di questo credo.
Avere un’azienda di famiglia alle spalle secondo lei è un’agevolazione o può essere anche un limite?
Può sicuramente essere una facilitazione sotto differenti punti di vista, il più importante è sicuramente l’esperienza che si matura “vivendo l’azienda”. Tuttavia, devo riconoscere che se poi decidi di diversificare, come ho fatto io, ti ritrovi a dover sfidare la diffidenza degli altri che spesso credono che tanti giovani imprenditori lo siano solo per diletto, comodità e non per fiera convinzione. Basta non curarsi troppo delle reticenze altrui e andare dritti per la propria strada. Può sembrare singolare, ma ad oggi nella mia attività principale – la Medis srl – non ho, per scelta personale, un solo cliente relativo all’azienda di famiglia.
Nel suo approccio alla professione ha avuto modelli di riferimento cui ispirarsi?
Sono affascinato da quanti a partire da un’idea semplice eppur geniale hanno dato vita a progetti di successo, ma continuo ad ispirarmi a mio padre perché ho visto in lui l’amore e la passione per questo lavoro e il “mai arrendersi” nella buona e nella cattiva sorte.
Quale dote è indispensabile oggi per riuscire ad emergere nella sempre più intricata competizione imprenditoriale?
Umiltà, e sacrificio e spirito d’avventura. Chi fa impresa oggi deve essere disposto al sacrificio, non deve mai pensare alla resa perché in un momento storico, quale quello che stiamo vivendo, potranno essere più le notizie cattive che quelle buone ad arrivare. Guardare avanti senza mai dimenticare la strada percorsa e, per usare un tema strettamente “imprenditoriale”, oggi bisogna avere la capacità di saper diversificare e cavalcare il cambiamento. Forse è in parte anche per questo che tante aziende, non essendo state capaci di “rivoluzionarsi”, si sono trovate fuori mercato e sono state costrette a chiudere i battenti.
Quale idea – invenzione e/o brevetto – avrebbe voluto fosse sua?
Per la logica dei numeri e del successo conclamato le dovrei rispondere la “Coca cola” o la “nutella” ma le rispondo “al futuro” dicendole piuttosto che mi piacerebbe pensare ad un’idea/brevetto. Anzi, in tutta onestà le dico che qualcosa mi frulla per la testa da tempo. Chissà…
Al di fuori dell’azienda, molto del suo tempo è dedicato al Sistema Confindustria, autentica passione. Qual è il primo traguardo che si augura di raggiungere da presidente dei GI salernitani?Chi decide di fare vita associativa deve essere consapevole che dovrà dedicare notevoli risorse in termini di tempo a questo, sostenendo un costo/opportunità molto elevato. Alle passioni, però, non c’è prezzo e per me è un onore fare parte e rappresentare il Sistema Confindustria. Ho tante idee in cantiere per il Movimento Giovani, molte delle quali ampiamente già condivise con la mia squadra. Mi limito a dire che tenteremo con tutta la volontà e la passione che ci contraddistingue di costruire qualcosa di concreto e di esempio per i giovani del nostro territorio. Sono un convinto sostenitore della diffusione della cultura d’impresa, indispensabile per promuovere l’autoimprenditorialità.
La sua più grande aspettativa per il futuro di Salerno e del Paese?
Attendo con fiducia che parta finalmente la stagione delle riforme per il bene del nostro Paese e, di conseguenza, per il nostro amato territorio. Ne abbiamo bisogno per far ripartire l’economia e incrementare l’occupazione. Viviamo in un territorio di eccellenze, di brevetti, di esclusività invidiate in tutto il mondo, abbiamo enormi potenzialità ancora tutte da esprimere. Ed è per questo che ritengo si debba ripartire proprio dal Sud, dalla salvaguardia e dal rilancio del nostro prezioso territorio perché il Paese tutto torni a essere competitivo.