Quello di Paestum è uno dei venti musei dotati di autonomia speciale nell’ambito della riforma Franceschini nel 2015. Si aprono così nuove prospettive per lo sviluppo del sito e di tutto il territorio
Direttore, secondo un’analisi di Federculture, il bilancio del Mibact, il Ministero dei beni e attività culturali e turismo, è crollato del 36% in dieci anni. Oggi si investe un quarto rispetto ai fondi erogati nel 1955, sessant’anni fa, e lo stanziamento per la cultura rappresenta solo lo 0,19% della spesa pubblica. Come può un buon direttore far bene anche con poco?
Credo sia importante inquadrare nel modo giusto la riforma attuale messa in atto dal ministro Dario Franceschini, sottolineando innanzitutto come questa non punti al risparmio e alla riduzione dei costi come obiettivo finale, quanto alla creazione di una più efficiente organizzazione. Aver dato vita a Musei autonomi nella gestione, specie quella finanziaria, così come riorganizzare le soprintendenze, non equivale a un’operazione di spending review, ma a un miglioramento complessivo dell’offerta di servizi per i cittadini. È, nei fatti, un nuovo orientamento, un cambiamento di direzione.
L’autonomia finanziaria e gestionale concessa anche al Museo di Paestum in questo senso diventa un vantaggio?
Un notevole vantaggio, una svolta per il Museo di Paestum che apre a nuove prospettive di gestione. Con la riforma, il Museo può ricevere donazioni e sponsorizzazioni direttamente, diventando anche stazione appaltante per i vari interventi che si renderanno necessari. Comincia da qui il nuovo corso per i Musei autonomi, una sfida audace ma molto motivante. Una novità assoluta della riforma Mibact è la creazione di un responsabile dei rapporti con il pubblico che si occupa anche del reperimento dei fondi e del marketing.
Che tipo di fundraising avrà Paestum? Flessibile e aperto a differenti fonti di f inanziamento?
La riorganizzazione interna è partita ma non è ancora completa. Stiamo valutando come sviluppare le potenzialità già presenti al massimo, riconvertendo processi e metodi. Abbiamo messo tutto in
discussione. Un primo passo fondamentale per ripartire.
Ha trovato resistenze al cambiamento tra i suoi collaboratori?
No, solo tanto entusiasmo.
Su quali progetti orienterete le risorse disponibili per il Museo?
Metteremo in piedi un’ampia gamma di progetti, facendo leva anche sulle risorse messe a disposizione dai fondi europei. Le attività andranno dalle passeggiate notturne a iniziative sui 200 anni dalla pubblicazione del “Viaggio in Italia” di Goethe.
Un’offerta culturale che andrà messa a sistema, tenuto conto che una delle grandi lamentele dei visitatori stranieri verso il nostro Paese è la mancanza di programmazione e pianificazione…
Sì, questo è spesso uno dei punti deboli messo in luce dai visitatori che provengono da Paesi più lontani. Ci siamo dati questo primo anno di tempo per testare la risposta alle varie iniziative per poi arrivare a un programma fisso e articolato per il 2017.
Che idea si è fatto finora del rapporto tra le comunità “intorno” al Parco e il patrimonio culturale?
Si respira una grande attenzione per Paestum. C’è una gran voglia di partecipare, collaborare. Penso ai buoni uffici con il Comune, con Legambiente, con imprenditori e cittadini. Finora ho percepito grande solidarietà tra tutti gli attori sul territorio.
Passando più da vicino al Museo, lei ha idee chiare su come rendere visibili i reperti presenti al Museo ma conf inati nei magazzini, in giacenza. Qual è il suo progetto per mostrare ciò che già c’è ma non si vede?
Senz’altro studieremo un programma di visite guidate anche nei magazzini, di mostre per svelare questi tesori ancora nascosti su cui primeggiano le lastre dipinte delle tombe lucane, centinaia di quest
interamente ricostruibili.
Se dovesse qualificare il Museo che ha in mente come lo definirebbe?
Immagino un Museo interattivo, un luogo dove è piacevole fermarsi e ritornare. Puntiamo a offrire non solo momenti educativi e scientifici ma un’esperienza più ampia, godibile, che veda partecipi grandi e bambini.
E la cultura del Made in Italy cosa rappresenta per lei?
È il saper fare le cose con qualità e cura, nel rispetto della tradizione. In Italia c’è un livello alto di qualità in vari settori, non solo in archeologia. Va, però, meglio comunicato questo patrimonio di immensa ricchezza ed è esattamente quello che intendiamo fare partendo dal territorio di Paestum e dalle sue inestimabili doti.