Pir per le Pmi, acquisire capitali di rischio per crescere

Al tema di particolare interesse per le piccole e medie imprese è stato dedicato un seminario di approfondimento questa mattina, in Confindustria Salerno. Al centro delle relazioni degli esperti e dell’interesse del pubblico le ragioni per cui conviene preferire questa forma di investimento, come farlo e – soprattutto – quando

 

Sburocratizzazione, alleggerimento del peso fiscale e maggiore facilità di accesso al credito. Per crescere e restare sui mercati le imprese – specie le Pmi – chiedono sostanzialmente questo. Un canale innovativo di credito pensato per le piccole e medie imprese sono i Piani Individuali di Risparmio (Pir) a lungo termine.

Introdotti con l’ultima legge di Bilancio, sono una recente (ma solo per il nostro Paese) forma di risparmio rivolta a persone fisiche, nonché a fondi pensione e casse di previdenza, che raccoglie risorse finanziarie verso le piccole imprese italiane, con il fine ultimo di rafforzare la crescita economica del Paese.

Al tema di particolare interesse per le pmi è stato dedicato un seminario di approfondimento questa mattina, in Confindustria Salerno. Al centro delle relazioni degli esperti e dell’interesse del pubblico le ragioni per cui conviene preferire questa forma di investimento, come farlo e – soprattutto – quando.

Nelle vesti tanto di imprenditore, quanto di vice presidente di Confindustria Salerno con delega al credito, Antonello Sada ha dato via all’incontro partendo da un assunto ormai incontrovertibile, dal “perché”: «È ora che le pmi si aprano a investitori esterni per cogliere le opportunità economiche future e non restare indietro, accettando di cedere quote di mercato delle proprie aziende come già sta avvenendo in molti casi con i fondi di private equity». «Questo nuovo canale di credito per le pmi, alternativo a quello bancario, – ha proseguito – va preso in seria considerazione per facilitare gli aumenti di capitale, indispensabili per espandersi sui mercati. La strada tracciata oggi per competere è sempre più quella della quotazione in Borsa».

Alla domanda “quando” scegliere di investire in Pir ha risposto l’economista Paolo Longeri, Responsabile Ufficio Studi di Consultinvest Sgr: «Il momento è ora. Ci sono condizioni economiche di contesto favorevoli a livello mondiale, ma anche dentro i nostri confini. Ripresa degli investimenti, tassi bassi e una rinnovata dose di ottimismo sono fattori che ci spingono ad approfittare subito di questa opportunità».

In Italia questo strumento arriva tardi, rispetto ad altri Paesi. La Francia, ad esempio, come ha spiegato Antonio Bottillo, EMD, County Head di Natixis Global Asset Management S.A., ne ha introdotto uno molto simile già nel 1992, rilanciato nel 2014 e segnatamente dedicato alle pmi.

Marco Rosati, Amministratore Delegato di Zenit Sgr, facendo chiarezza sul come investire ha ribadito quanto i Pir siano stati incentivati in modo notevole prevedendo per i risparmiatori l’esenzione del pagamento (26%) degli eventuali utili e dell’eventuale tassa di successione. «Certo, in quanto investimenti contengono in sé una variabile di rischio intrinseca. Questo è naturale dirlo e saperlo. Ma gonfiate e imprecise sono le notizie relative al rischio di una bolla sui mercati azionari delle mid e small cap per la molta liquidità. I circa 10 miliardi raccolti sono un’inezia rispetto ai 400 che rappresentano la capitalizzazione di Piazza Affari. Se è vero che l’industria del risparmio gestito deve avere anche un ruolo sociale, siamo ben lieti di destinare parte del risparmio privato verso le nostre imprese per sostenerne lo sviluppo».

Arturo Cafaro, professore presso la Facoltà di Economia “La Sapienza” di Roma, ha infine posto l’accento su quanto le aziende oggi siano strategicamente obbligate ad acquisire capitali di rischio per crescere: «O l’impresa percepisce che il contesto si è fatto più rischioso e solo i professionisti sopravvivranno, oppure il pericolo di diventare obsoleti, di subire un impoverimento manageriale e di rimando uscire dal mercato sarà inevitabile».

 

COSA SONO I PIR

I Piani Individuali di Risparmio (Pir) a lungo termine sono contenitori – fondi comuni, polizze Vita, gestioni patrimoniali – che fanno gola innanzitutto per la loro appetibilità fiscale. Qualora, infatti, si mantenga l’investimento per più di 5 anni è prevista la detassazione delle plusvalenze. 
È obbligatorio investire almeno il 70% del capitale in aziende con sede in Italia o in imprese domiciliate all’interno dello spazio economico europeo (SEE) che abbiano stabile organizzazione nel nostro Paese. Almeno il 30% di questa quota (il 21% del totale) dovrà inoltre essere investita in strumenti emessi da aziende che non sono quotate nell’indice Ftse Mib di Borsa Italiana.
La quota investita su un singolo emittente non deve superare il 10% del totale.
La soglia minima di investimento è di 500 euro mentre quella massima è di 30mila euro annui.
I PIR sono, inoltre, esenti dall’imposta di successione.