Nel marzo 2013 ai risparmiatori di Cipro venne imposto un prelievo forzoso del 10% sui saldi di conto corrente. L’intervento a carattere di urgenza fu concordato dal Governo di Cipro insieme ad Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale. Era in discussione la possibilità di esentare o agevolare i conti con saldi fino a 100.000 euro.
Grazie a questa imposizione forzosa, Cipro avrebbe incassato 5,8 miliardi di euro.
Quello di Cipro sarebbe stato un intervento incisivo volto a colpire una quota limitata del patrimonio dei ciprioti (non tutti) e di quanti (russi, europei ed altri) utilizzavano le banche locali per custodire e gestire la propria liquidità.
Già ai tempi, non si capiva il perché si ipotizzasse di colpire solo i depositi bancari e non, come sarebbe comprensibile ed equo, tutti i patrimoni di tutti i cittadini.
Tassare in via straordinaria tutti i patrimoni consentirebbe di abbassare e di molto l’aliquota media applicata. Indubbiamente prelevare risorse in denaro contante prontamente disponibile è cosa agevole e veloce, ma disattende platealmente i criteri di ordinaria giustizia fiscale e morale.
Ritorna prepotente alla memoria oggi proprio la vicenda finanziaria della Grecia ed i conseguenti atti sconsiderati posti in essere, considerato che il Fondo Monetario Internazionale, come contromisura all’esperimento fallimentare della moneta unica e nel tentativo di riportare il debito sovrano ai livelli pre crisi, ha aperto alla possibilità che le autorità europee possano imporre un prelievo forzoso del 10% sui conti correnti di 15 paesi dell’area euro.
Personalmente da tempo ho avanzato la proposta in Italia di un “contributo patrimoniale” straordinario da applicare sui patrimoni personali onnicomprensivi (immobili, titoli, contanti, partecipazioni, ecc.) con possibile esclusione del valore relativo alla casa di abitazione, con aliquota del 5%. Quanto innanzi facendo leva su un patrimonio complessivo degli italiani pari (stima Banca d’Italia) a circa 8.000mila miliardi di euro. Il momento magico per l’applicazione in Italia di tale misura straordinaria ha coinciso con i primi mesi del “Governo tecnico” presieduto dal Professor Monti: Dicembre 2011–Maggio 2012.
In quella fase storica, irripetibile, non vi è stata volontà e determinazione per una misura coraggiosa che avrebbe dato una spallata benefica e fruttuosa al nostro imponente debito pubblico (all’epoca 1.950 miliardi di euro) ed oggi l’Italia vaga per i mari della politica e della finanza in cerca di approdi indefiniti ed inesplorati.
I 95 miliardi di interessi versati ogni anno dall’Italia per ripagare i sottoscrittori di BTP, in buona parte internazionali, segnalano visivamente la montagna di risorse nazionali sprecate e mal allocate.
Avevo anche previsto e ipotizzato un concomitante intervento della Banca Centrale Europea, previa specifica decisione dell’Unione Europea, per un contributo all’Italia pari all’importo complessivo incassato con l’imposta o contributo patrimoniale.
L’Italia sarebbe stata di esempio ed apripista per misure similari negli altri Paesi ad alto debito, contribuendo di fatto a consolidare una Unione Europea che oggi appare sofferente e che molti considerano a rischio di tenuta strutturale.
Detto questo, va ribadito con decisione il “no” e va respinto l’ipotetico prelievo sui soli conti correnti presso le banche europee. Insistere su questa proposta significa semplicemente voler creare lo scompiglio tra i risparmiatori, azzerare il margine di fiducia attualmente accordato alle istituzioni comunitarie e, in ogni caso, non avere a cuore la soluzione possibile e accettabile dei problemi di alto debito degli Stati interessati.