L’attività imprenditoriale è idealmente suddivisibile in cicli e, in particolare: ciclo tecnico-produttivo; ciclo economico; ciclo finanziario; ciclo monetario.
Il ciclo monetario può far emergere fabbisogni di liquidità, derivanti da temporanee eccedenze delle uscite sulle entrate, dovute allo sfasamento temporale fra il momento in cui si sostengono gli esborsi relativi ai costi dei fattori produttivi e il momento in cui si monetizzano i ricavi di vendita.
La gestione finanziaria, attraverso la predisposizione di un budget di tesoreria, ha proprio il compito di: tentare di prevedere gli squilibri; quantificare gli stessi; individuare una modalità di copertura.
L’imprenditore dovrà effettuare una corretta pianificazione finanziaria al fine di valutare e scegliere, fra le fonti di finanziamento che il mercato offre, la migliore.
Uno dei principali finanziatori dell’impresa è il sistema bancario, che entra in contatto con l’impresa in due modi: sistemi di pagamento e credito.
Oggi, infatti, l’imprenditore può, o deve (si pensi alla normativa antiriciclaggio), utilizzare in luogo della moneta legale, la moneta bancaria che può assumere varie forme:
a. Assegno bancario e/o circolare
b. Cambiale tratta e/o pagherò
c. Bonifici e/o giroconti
d. Servizi di pagamento (Ri.Ba., RID, MAV).
Allo stesso modo, il sistema bancario offre anche numerose forme di credito, basti pensare a:
1. Apertura di credito in conto corrente
2. Fido di castelletto (sconto cambiario)
3. Anticipo su cambiali e su Ri.Ba.
4. Anticipo su fatture.
Ovviamente la scelta del mix di appoggio da parte delle banche deve essere fatta conoscendone opportunità, costi e limiti.
Sotto tale profilo una riflessione a parte lo merita il problema della commissione di massimo scoperto. La CMS (abolita dal Legislatore del 2009) veniva applicata per la punta massima di “rosso” raggiunta nell’arco di un determinato periodo (generalmente il trimestre) e si attestava sullo 0,125%, con grave pregiudizio economico-finanziario dei correntisti. Ipotizzando un imprenditore che utilizzava il fido concesso (ovviamente nella forma tecnica dell’apertura di credito) per 100.000 euro, provvedendo il giorno dopo a reintegrarlo, si vedeva addebitata una commissione secca di 125 euro (oltre interessi passivi).
Questa commissione rapportata al tempo, era ottenibile solo applicando un tasso d’interesse stratosferico, ovvero, conoscendo la formula computistica del calcolo dell’interesse
I = C x i x g /365
e sostituendo i termini noti
125 = 100.000 x i x 1 /365
tramite semplici passaggi matematici si ottiene:
i = 45,63%
Un tasso del 45,63% è certamente un tasso usurario, senza contare che tale commissione sarebbe diventata, nel trimestre successivo, capitale sul quale calcolare altri interessi (cd. anatocismo).
L’anatocismo, a differenza di ciò che avviene in altri contesti (art. 1283 cc), è consentito nel mondo bancario ma solamente per i contratti stipulati dopo il giugno 2000.
Infatti, l’articolo 120 TUB rende legittime le clausole anatocistiche se nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori e a patto che al correntista venga inoltrata una comunicazione con pubblicazione in Gazzetta (Delibera CICR 9/2/2000). Non mancano tuttavia aule giudiziarie che dichiarano illegittima la capitalizzazione degli interessi, anche se praticata dopo il giugno 2000 (Tribunale Treviso 1101/2013).
L’usura invece, nel contesto bancario, assume conseguenze sanzionatorie ancora più importanti. È infatti prevista un’aggravante specifica «se il colpevole ha agito nell’esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare» (Art. 644 c.p. n 1).