Non si è ancora spento lo sdegno per i recuperi forzosi e immotivati del bonus per i progetti di ricerca e sviluppo, che l’Agenzia delle Entrate ha già inaugurato – con pessimi auspici – la stagione dei controlli sul bonus investimenti nel Mezzogiorno
Dallo scorso 8 giugno è possibile presentare le richieste telematiche di riconoscimento del credito d’imposta per i nuovi investimenti eseguiti nel 2023 nelle aree del Mezzogiorno, ZES e ZLS.
Le peculiarità del nuovo modello e le relative connotazioni del software sono contenute nel provvedimento delle Entrate n. 188347/2023. Con il nuovo modulo di domanda licenziato dalle Entrate, quindi, è possibile accedere ai crediti d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, di cui all’articolo 1, commi da 98 a 108, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nelle Zone Economiche Speciali (ZES), di cui all’articolo 5 del decreto legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, e nelle Zone Logistiche Semplificate (ZLS), di cui all’articolo 1, commi da 61 a 65-bis, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ma limitatamente a quelli eseguiti nel corso del 2023.
Come sottolineato anche nel contesto della recente Assemblea Pubblica di Confindustria Salerno, le politiche di incentivazione rappresentano un fondamentale volano alla crescita delle imprese del territorio, garantendo un supporto strutturale per colmare l’atavico gap che penalizza il Mezzogiorno rispetto alle aree più sviluppate e meglio collegate del Paese. Tuttavia, recentemente si assiste ad un comportamento inspiegabile da parte del Fisco che sembra impegnarsi in maniera assidua a togliere con una mano quanto lo Stato si impegna a dare con l’altra.
Attenzione; non si discorre dei comportamenti legittimi da parte del Fisco tesi a recuperare le sacche di evasione createsi attorno a fruizioni indebite di agevolazioni. Al contrario. Si discorre di inspiegabili dietro front del Fisco rispetto ad iniziali interpretazioni che, di fatto, puniscono in corso d’opera l’operato delle imprese. Non si è, infatti, ancora spento lo sdegno per i recuperi forzosi e immotivati del bonus per i progetti di ricerca e sviluppo, che l’Agenzia delle Entrate ha già inaugurato – con pessimi auspici – la stagione dei controlli sul bonus investimenti nel Mezzogiorno.
In sede di controllo, infatti, arrivano alcune pericolose prese di posizione del Fisco. Ci si riferisce in particolare all’inclusione fra i beni agevolati di alcuni beni materiali che possono presentare caratteristiche riconducibili, sia alle tipologie agevolabili, sia a quelle non agevolabili. Si pensi, ad esempio, ad un’autogru ovvero ad un carro-attrezzi o ad altri mezzi attrezzati simili e che incorporano un macchinario ad un automezzo. Con riferimento a tale fattispecie, la circolare n. 34/E/2016 del Fisco ha esplicitamente evidenziato che in tali ipotesi, atteso l’esplicito rinvio della norma agevolativa all’articolo 2424 del codice civile, ai fini della qualificazione dei beni medesimi tra quelli agevolabili, dovrà farsi riferimento alla corretta classificazione di bilancio. Conseguentemente, i relativi costi di acquisizione di tali beni potranno essere computati tra gli investimenti agevolabili se correttamente iscritti nelle richiamate voci B.II.2 e B.II.3 dello schema di Stato Patrimoniale.
Quanto sopra, quindi, ha da sempre legittimato le imprese ad agevolare gli automezzi classificabili come mezzi d’opera o come veicoli complessi in quanto dotati di particolari attrezzature per il carico e il trasporto di materiali di impiego o di risulta dell’attività edilizia, stradale, di escavazione mineraria e materiali assimilati o che completano, durante la marcia, il ciclo produttivo di specifici materiali, ad esempio per la costruzione edilizia, sia che siano idonei allo specifico utilizzo nei cantieri, sia che siano utilizzabili promiscuamente su strada e fuori strada.
In fase di controllo, comunque, l’Agenzia sta ritrattando la posizione espressa nella circolare citata, avallando il proprio ragionamento con una documentazione attinente a fattispecie non altrettanto congruenti.
Nella sostanza, le argomentazioni opposte dalle Entrate si fondano sulle risposte ad Interpello nn. 542 e 544 del 2020 che, segnatamente all’agevolazione di cui all’articolo 1, commi 184-197, della Legge n.160 del 2019 (Credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi), riferendosi ai medesimi beni “complessi” (attrezzatura posta su un automezzo) hanno evidenziato che, in coerenza con quanto chiarito nella circolare MiSE n. 4/E del 30 marzo 2017, riferita alla precedente disciplina dell’iper ammortamento, ma i cui criteri generali devono considerarsi valevoli anche agli effetti del nuovo credito d’imposta, l’agevolazione può applicarsi limitatamente alla parte qualificabile alla stregua di “macchina”, vale a dire alle componenti e alle attrezzature, tenendo escluso il costo dell’automezzo sottostante. Per suffragare tale ragionamento il Fisco si avvarrebbe anche di quanto stabilito nella Circolare n. 14301/2019 del Ministero dei Trasporti, sulle caratteristiche che consentono una classificazione degli automezzi fra i veicoli per trasporto specifico.
Il comportamento del Fisco, nel caso di specie, è palesemente lesivo della compliance fiscale. In pratica, qualora un’impresa avesse eseguito e agevolato un investimento relativo ad un’attrezzatura complessa, installata su un automezzo, dovrebbe trovare nel Fisco un paladino a salvaguardia della sua posizione di contribuente, premiandone l’investimento e sacramentandone l’agevolazione; il tutto perché l’acquisto si è fondato proprio su un’apertura data dalla stessa Amministrazione Finanziaria. Appare, invece, stucchevole e abusivo il comportamento dei controllori che, piuttosto che regolamentare le verifiche sulla scorta della chiara indicazione di prassi, relativa proprio all’incentivo in parola, si arrampicano sugli specchi di documenti di prassi relativi ad incentivi diversi, per nulla congruenti alla fattispecie in esame. Ad esempio, l’agevolazione disciplinata dall’articolo 1, commi 184-197, della Legge n.160 del 2019 non premia gli investimenti, come l’articolo 1, commi da 98 a 108, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ma, piuttosto, l’interconnessione e, quindi, si muove su presupposti normativi per niente sovrapponibili.
In costanza di un comportamento simile, non sarebbe fuori luogo denunciare immediatamente il comportamento lesivo dei funzionari ancor prima di tutelare le proprie posizioni di fronte alla giustizia tributaria.