Regole no, regolarsi sì!

nicola santiniQualche anticipazione del Galateo rivisto e corretto con il vademecum “Non lo faccio più”, che sarà presentato in anteprima al prossimo Salone del Libro di Torino

Tra le varie promesse che ho fatto a me stesso, c’era quella di riscrivere il Galateo, prima di compiere quarant’anni. E adesso che il conto alla rovescia è iniziato, ho deciso di condividere con i lettori di Costozero una piccola anticipazione del mio libro che presenterò in anteprima al prossimo Salone del Libro di Torino. Un’esclusiva meritata dalla pazienza di Raffaella Venerando che mi corre sempre dietro per avere gli articoli un minuto prima della stampa di questo giornale. Si chiama “Non lo faccio più” ed è un semplicissimo ABC che insegna, senza troppi fronzoli, a chiamare le cose con il loro nome, per vivere in sella al buon senso, scritto da pentito del bon ton. In realtà, il segreto di Pulcinella è fondamentalmente uno: per trasgredire le regole, bisogna, anzitutto, conoscerle.

 

Ecco la mia anteprima:

 

#BUON APPETITO
É vero che non sarà la cosa più elegante da dire nelle occasioni formali, ma ho avuto a che fare con gente che di fronte all’esclamazione più bannata dal Galateo, dopo il “piacere”, storceva il naso con una tale stitichezza da rendersi così sgradevole facendo rimpiangere chi, in modo un po’ rustico, ricorda i tempi in cui il proprietario terriero, una volta l’anno, mettendo a tavola i propri lavoratori, augurava loro di
mangiare di buon appetito. A queste tavole, sono succedute quelle in cui non si parlava di politica, calcio, salute, gravidanza, mentre oggi, purtroppo, si parla e si sparla di tutto.
Se l’esclamazione è caduta in disuso è perché oggi a tavola in talune occasioni ci si siede, per lo più, per convivialità, per
affari, per relazioni sociali e non certo per fame.
Ma proprio perché si decide di attribuire a un pasto la capacità di rendere rilassato e gradevole un rapporto, ecco che alzare gli occhi al cielo quando qualcuno augura il buon appetito per consuetudine, è altrettanto inadeguato. Specie se chi punta il dito, con la stessa consuetudine, ha il vizio di fotografare il piatto e aggiungere l’hashtag foodporn o magridomani.
Se, come dovrebbe essere, stare in silenzio o non postare alcunché e limitarvi a un sorriso per attendere che il padrone di casa o la persona più anziana inizi a mangiare vi risulta impossibile, fate pure, ma ognuno pensi a sé, senza inutili snobismi. C’est-à-dire, di cavolate a tavola ne sento talmente tante, che buon appetito mi sembra il male minore.

 

#COLAZIONE

Sono ormai talmente pochi quelli che quando dite “ti invito a colazione” capiscono subito che non intendete cappuccino e brioche, che conviene adeguarsi. Posto che in teoria si parla di prima colazione per intendere il piccolo pasto appena svegli, colazione il pasto di mezzogiorno, pranzo quello serale (o comunque il pasto principale della giornata) e cena quando l’invito è dopo le 21, per esempio dopo teatro o in occasione di un ballo (o, più comunemente a Capodanno), la certezza vicino all’assoluto è che il citofono, a parte alcuni rarissimi casi, suonerà alle 8 di mattina se invitate a colazione, alle 13 per un pranzo e alle 20 per una cena. Sempre in teoria, la cena è un pasto leggero proprio perché non vuole mandarvi a letto con una digestione impegnativa.
Ora parliamoci chiaro: quando avete ricevuto un invito per una cena leggera, se mai è successo, l’ultima volta?
Il trucco che uso quando mi invitano a pranzo, che è quello che incasina più di tutti, è semplicemente chiedere l’ora.
Di fatto, sarebbe buona creanza da parte di chi fa l’invito specificarlo subito, a scanso di equivoci.

#CONSIGLI
Altro che 8X1000: se per ogni consiglio non richiesto la gente devolvesse un centesimo di euro, le associazioni umanitarie sarebbero quotate in borsa. Poi, però, quando chiedi un consiglio realmente, ti rifilano un giudizio, che col consiglio non c’entra un tubo. E comunque non esiste niente di peggio e di più maleducato di un consiglio non richiesto.
Quando poi chiedete se potete dare un consiglio e non aspettate nemmeno la risposta, che molto probabilmente sarebbe no, cosa bisogna fare? Odiarvi? Ovvio. Due cosine sulle quali riflettere quando sentite l’impeto di dire la vostra a tutti i costi: aver montato una lampada dell’Ikea non fa di voi Renzo Piano, canticchiare sotto la doccia non vi rende autorevoli come Simon Cowe. Quindi meglio diventare dei buoni ascoltatori e mostrare un sorriso rassicurante.
Piuttosto annuite, fate domande e guidate la conversazione senza esprimere un solo pensiero di cui potrete pentirvi. Ma il peggio lo date quando chiedete e ottenete un consiglio, ad esempio su un ristorante, un film, un libro. Lo prendete per buono e non tornate più sull’argomento, gettandomi nel dubbio più atroce, ossia se sono io che chiedo dei consigli del cavolo o se avete disabilitato l’opzione grazie quando però lasciate feedback su ebay, tripadvisor e airbnb.