La Cassazione ha stabilito che il lavoratore può rivolgersi indifferentemente all’uno o all’altro debitore
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 5415, si è occupata nuovamente della responsabilità solidale tra appaltatore e committente ex art. 29 D.lgs. 276/2003 negli appalti, affermando il principio secondo il quale l’obbligazione solidale passiva non dà luogo al litisconsorzio necessario, in quanto non fa sorgere un rapporto unico e inscindibile, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause, bensì rapporti giuridici distinti, in virtù dei quali è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, potendo il creditore ripetere per ciascuno dei condebitori l’intero suo credito.
Nel caso di specie, il lavoratore aveva chiesto il pagamento di differenze retributive, richiamando la responsabilità solidale ex art. 29 D.lgs. 276/2003, alla società committente che aveva affidato lavori in appalto alle due imprese per le quali, con qualifica di dirigente, aveva lavorato come dipendente. A seguito del fallimento di una delle società convenute veniva integrato il contraddittorio nei confronti della società fallita, che però rimaneva contumace e il Tribunale di Roma dichiarava improseguibile il ricorso.
La Corte di Appello di Roma, riformando la sentenza impugnata, accoglieva l’appello e condannava la committente al pagamento delle differenze retributive relative al rapporto di lavoro intercorso, ritenendo scindibili le cause proposte nei confronti di diversi condebitori solidali stante l’applicazione dell’art. 29 d.lgs. 276/2003 anche ad una società che, sebbene soggetta a controlli e vincoli pubblici, non può essere ritenuta equiparabile ad una pubblica amministrazione. La Corte di Cassazione con la succitata ordinanza ha ricordato che l’art. 29 d.lgs. 276/2003 fino alla L.92/2012 non prevedeva un regime di sussidiarietà bensì un’obbligazione solidale in senso stretto, con conseguente irrilevanza di un litisconsorzio necessario tra debitore principale (datore di lavoro – appaltatore) e condebitore (committente), sicché il dipendente dell’appaltatore poteva rivolgersi indifferentemente a uno o all’altro debitore.
La ratio era di indurre il committente a selezionare imprenditori e a controllarne l’operato per tutta la durata del rapporto contrattuale. Secondo quanto prospettato dalla Suprema Corte, la responsabilità solidale ex art. 29 D.lgs. 276/2003 non fa sorgere quindi un rapporto unico e inscindibile bensì rapporti giuridici connessi ma distinti, in forza dei quali è sempre possibile la scissione del rapporto processuale. Tale principio trova la sua deroga nel caso in cui le cause siano tra loro dipendenti, ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione alla stregua della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, sicché la responsabilità dell’uno presupponga quella dell’altro. Responsabilità che riguarda, in ogni caso, solo i crediti maturati nel periodo di durata del contratto di appalto e in ragione della prestazione resa per la realizzazione dell’opera o del servizio commissionati. Da ultimo la Suprema Corte, in linea con il pregresso orientamento, chiarisce che negli appalti pubblici la responsabilità di cui all’art. 29 D.lgs. 276/2003 è esclusa per le PA ed è applicabile, invece, ai soggetti privati, quali società partecipate pubbliche, assoggettate, quali “enti aggiudicatori” al codice dei contratti pubblici.