Quando e come? Quando il destinatario è colui che apprezza quello che gli viene regalato ed è giusto sempre, perché non c’è niente di più distante dalla buona educazione quanto lo spreco
La recessione non c’entra. La questione scomoda più il buon senso che il portafoglio. Cedere a strisciate compulsive atte a pulire la coscienza quando il conto alla rovescia (e il conto in banca) per i regali di Natale è sempre più vicino allo zero non è mai stato di moda. Anzi, specie il ventiquattro, giorno in cui tutte le idee devono collimare in una serie illimitata di pacchetti e pensierini, talvolta scelti senza un criterio.
Il Galateo, però, ci dice che riciclare un regalo si può. Basta farlo con gusto. E questo ci salva la vita e il portafoglio.
Se inorridite all’idea di un libro horror, se vi domandate ancora cosa fare dei boxer rossi, se vi state scervellando per capire come far arrivare alla zia il messaggio che il profumo muschiato non sarà mai per voi, ecco che l’etichetta vi salverà da tutte queste torture.
Riciclare un regalo, dalla notte dei tempi, è cosa buona e giusta. Ma quando e come? Quando il destinatario è colui che apprezza quello che gli viene regalato ed è giusta sempre, perché non c’è niente di più distante dalla buona educazione quanto lo spreco. Ed è spreco parcheggiare un abito in guardaroba se già sappiamo di non metterlo mai. Peggio ancora se il regalo è gastronomico, vederlo seppellire tra i rifiuti post vacanze, se quello che ci hanno regalato è per noi sgradito, se abbiamo vino in quantità ma siamo astemi, se il beige ci sbatte e non abbiamo bisogno di una sciarpa antierotica…
Le leggi del marketing, una volta tanto, una volta l’anno, vanno d’accordo con il bon ton.
Scrutiamo, quindi, perbene, la nostra agenda e facciamo il gioco del “chi-prende-chi”: ci sarà sempre qualcuno che amerà la boccetta di profumo che non amiamo noi, il colore che non ci dona o il prodotto tipico che non abbiamo apprezzato, senza badare al prezzo, privilegiando il valore. In fondo, il Natale, dal punto di vista strettamente materiale, non è altro che questo: un regalo pensato, fatto con il cuore, ancor prima che con il portafoglio.
Se il ragionamento non vi torna, basta ribaltarlo: preferireste in regalo il libro del vostro autore preferito oppure un orologio un poco più costoso ma che non mettereste mai?
Le leggi di mercato insegnano che da qualche parte, in un determinato periodo, una certa tipologia di persona, apprezzerà qualcosa che magari avrebbe comprato di sua sponte, indipendentemente da noi: che la caccia all’uomo abbia inizio. Ma con qualche accorgimento. Per prima cosa, controllate sempre che il regalo che avete messo da parte non abbia personalizzazioni di sorta. Immaginate un boxer rifilato al cugino meno hipster di voi che analizzato da vicino riporta le vostre iniziali: entusiasmo frantumato e figura pecoreccia assicurata in un nano secondo.
L’altro criterio da seguire, è lo stato in luogo: mai riciclare un regalo nella stessa città e nella stessa cerchia. Abbiamo detto che l’arte del riciclare è ammessa dal bon ton, non che sia un’impresa facilissima. Va da sé che se l’acqua di colonia a voi sgradita fa un giro troppo breve tra amici e parenti che a loro volta si conoscono, a qualcuno il dubbio verrà. E le figuracce saranno due al prezzo di una.
Infine, proprio perché risparmiate tempo e denaro, ricordate che la confezione è il biglietto da visita di un regalo che sa di nuovo. Si può risparmiare sul costo della sostanza, ma salviamo almeno la forma: carta nuova, un bel nastro e soprattutto un cartoncino con due parole in più del semplice “Buon Natale”. Il regalo in qualche modo si consumerà o magari sarà a sua volta riciclato, le vostre parole rimarranno. Sono gratis e scaldano il cuore.