Lo status di lavoratrici part time può in taluni casi, come quello in commento, essere di ostacolo al mantenimento del posto di lavoro
Con la sentenza n.18409 del 20/9/2016, la Corte Suprema di Cassazione ha affermato il principio che- in caso di riorganizzazione aziendale- la scelta della lavoratrice basata sulla diversa distribuzione dell’orario di lavoro rispetto ad altra lavoratrice full time, può essere valido motivo di risoluzione contrattuale.
L’azienda in questione, infatti, trovandosi in difficoltà finanziarie decise di riorganizzare l’ufficio di segreteria di Roma, riducendo ad una le due unità che vi lavoravano, l’una a part time, l’altra full time.
Falliti i tentativi gestionali per una soluzione bonaria, l’azienda licenziò la lavoratrice segretaria part-time per giustificato motivo oggettivo, in quanto in base alla riorganizzazione in atto il servizio di segreteria poteva essere svolto da una unità ad orario completo.
Di conseguenza la segretaria full time mantenne il posto di lavoro, a discapito della collega part time. Quest’ultima impugnò il licenziamento intimatole per giustificato motivo oggettivo, in quanto a suo dire era pretestuoso, legato solo ad incremento di profitto della Società e in ragione del suo orario a tempo parziale, peraltro tutelato dalle normative vigenti, non rispettoso di criteri di maggiore anzianità e carico familiare.
La domanda di reintegra nel posto di lavoro fu rigettata sia in primo grado, sia in Corte di Appello, ritenendo così corrette le decisioni aziendali nella scelta fatta in buona fede e correttezza. D’ altra parte gli organi giudicanti erano consapevoli che il controllo giurisdizionale ha dei limiti invalicabili previsti dall’art. 41 della Costituzione che garantisce l’autonomia e insindacabilità nel merito delle scelte imprenditoriali.
Nel caso di specie hanno ravvisato, attraverso la istruttoria e la documentazione prodotta, il genuino ed effettivo cambiamento organizzativo di natura strutturale. La Cassazione conferma le sentenze di primo e secondo grado e respinge di conseguenza i due motivi che sono a base del ricorso per cassazione.
Il primo “violazione degli art. 3 legge 604/1966 degli art. del c.c. n. 1175 e 1375 per inesistenza del giustificato motivo oggettivo, erroneamente individuato in una mera riduzione dei costi, in funzione di un incremento di profitto con soppressione non già del posto di lavoro, ma del lavoratore tout court” non sussiste secondo la S.C. perché già nei giudizi precedenti è stata accertata la effettività del cambiamento organizzativo e tale scelta è decisa autonomamente dall’imprenditore, che ha dimostrato la genuinità, buona fede e correttezza.
Anche il secondo motivo non è stato apprezzato dalla S.C. in quanto si basava sulla inosservanza di criteri di scelta e sulla fungibilità delle mansioni delle due segretarie.
La Corte ha ricordato ancora l’art. 41 della Costituzione, precisando inoltre che il criterio di scelta aziendale fu strettamente connesso all’orario di lavoro delle due segretarie, le cui prestazioni proprio per questo non erano fungibili.