Segnalazione illegittima alla Centrale Rischi

MAURIZIO GALARDOSecondo la Corte di Cassazione possono essere risarciti sia il danno non patrimoniale alla persona, anche giuridica, con riguardo alla lesione dei valori della reputazione e dell’onore, sia il danno al patrimonio

 La Corte di Cassazione con la sentenza n. 15609 del 9 luglio 2014 ha statuito che, nell’ipotesi di illegittima segnalazione del debitore alla Centrale Rischi, possono essere risarciti sia il danno non patrimoniale alla persona, anche giuridica, con riguardo alla lesione dei valori della reputazione e dell’onore, sia il danno al patrimonio, che peraltro può essere oggetto di prova presuntiva, quale conseguenza per l’imprenditore di un peggioramento della sua affidabilità economica, che risulta essenziale anche per l’ottenimento e il mantenimento dei finanziamenti, con conseguente lesione del diritto di operare sul mercato secondo le regole della libera concorrenza.

 

La sentenza che si commenta ha ritenuto, in particolare, risarcibile il danno non patrimoniale anche nei confronti delle persone giuridiche, considerando anche queste ultime titolari dei diritti della personalità costituzionalmente garantiti (art. 2 Cost.).Il danno non patrimoniale viene inteso come qualsiasi conseguenza pregiudizievole di un illecito che, non prestandosi ad una valutazione monetaria basata su criteri di mercato, non possa essere oggetto di risarcimento ma di riparazione, allorquando il fatto lesivo incida su una situazione soggettiva dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione.

 

La Corte di Legittimità ha inoltre ritenuto che entrambi tali danni possono essere liquidati in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ.. La vicenda processuale che ha portato alla pronuncia sopra indicata si è così articolata: la Corte d’Appello di Roma, nel riformare parzialmente la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città, aveva condannato la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. al risarcimento del danno in favore di una società a responsabilità limitata nella misura di euro 100.000,00 (centomila/00) oltre interessi dal deposito della sentenza al saldo, per illegittima segnalazione del nominativo alla Centrale Rischi.

 

In particolare la Corte d’Appello aveva ritenuto illegittima la segnalazione alla Centrale Rischi, in quanto il credito non era esigibile perché vi era una controversia tra le parti in merito all’importo dovuto alla banca a titolo di interessi, pertanto non poteva configurarsi alcun inadempimento in atto. Inoltre da nessun elemento di prova emergeva una situazione di pericolo, anche perché il credito di originarie lire 142.000.000, sussistente alla data della segnalazione avvenuta il 17/11/1997, era assistito da due fideiussioni personali e da una garanzia reale, mentre nel gennaio dello stesso anno era stato concesso un finanziamento regolarmente restituito fino ad allora, senza che alcun elemento negativo fosse emerso; nel corso della causa era stato inoltre provato che la società aveva rapporti contrattuali con grandi società di servizi.

 

Orbene secondo la Corte d’Appello, allorché la banca aveva, nel gennaio 1998, revocato il fido e concesso un giorno di tempo per il rientro, dopo che la cliente aveva comunque manifestato la volontà di adempiere, aveva tenuto, così facendo, una condotta contraria a buona fede, il cui fine doveva ritenersi quello di voler giustificare ex post, la segnalazione alla Centrale Rischi, già avvenuta.

 

Sotto tale profilo la Corte di Cassazione ha ritenuto che la pronuncia della Corte d’Appello fosse conforme all’orientamento consolidato secondo cui: a) ai fini dell’obbligo di segnalazione che incombe sulle banche, il credito può essere considerato in sofferenza allorché sia vantato nei confronti di soggetti in stato d’insolvenza, anche non accertato giudizialmente o che versino in situazioni sostanzialmente equiparabili, nozione che non si identifica con quella della insolvenza fallimentare, dovendosi far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come grave difficoltà economica; b) la segnalazione di una posizione in sofferenza non può scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica, equiparabile, anche se non coincidente con lo stato d’insolvenza.

 

La sentenza che si commenta si segnala all’attenzione anche per il notevole importo del risarcimento del danno liquidato in via equitativa nella misura di euro 100.000,00; tale somma è stata peraltro ridotta notevolmente dalla Corte d’Appello in quanto il Tribunale in primo grado aveva liquidato la somma di euro 593.925,00 per lucro cessante e la somma di euro 290.920,00 per danno emergente. La riduzione del danno risarcibile operata in Appello è stata motivata sulla base del fatto che la società danneggiata aveva comunque proseguito la sua attività con un fatturato sostanzialmente immutato.

 

La Corte d’Appello ha però comunque considerato l’esistenza del danno alla reputazione della società, in quanto era stato dimostrato, a mezzo di testimoni, che le altre banche erano venute a conoscenza della segnalazione e di conseguenza la Cariplo aveva respinto una richiesta di aumento del fido e l’Intesa San Paolo addirittura revocato il fido già concesso.In tal modo la società aveva dovuto rinunciare, almeno temporaneamente, al perseguimento degli obiettivi di espansione che erano stati programmati, in quanto l’errata segnalazione alla Centrale Rischi aveva indirettamente inciso sulla libera concorrenza, avvantaggiando altre aziende del settore, con conseguente perdita di competitività sul mercato per le occasioni commerciali sfumate: sotto tale profilo il C.T.U. aveva accertato le difficoltà, in cui la società si trovò all’improvviso ad operare.Inoltre le energie psico-fisiche degli amministratori della società erano state, per un certo periodo di tempo, inevitabilmente utilizzate per la ricerca di altre fonti di finanziamento, e quindi non più canalizzate verso il reperimento di nuovi clienti e l’acquisizione di altre commesse, con conseguenze reddituali negative e con un danno non patrimoniale costituito dal patema e dallo “stress” di dover reperire in breve tempo fonti alternative di finanziamento.