Serravalle: «Al Premio BPI in scena l’innovazione che serve al Paese»

Oltre duemila accessi alla piattaforma per un’edizione, la XIV, completamente in digitale

 

Quattordici edizioni per il Premio BPI. Quella di quest’anno la sua prima da presidente del Gruppo SIT di Confindustria Salerno. Tenuto conto dei numeri e dei riconoscimenti avuti credo possa dirsi soddisfatto.

Sì, senz’altro. Quando abbiamo iniziato a progettare l’edizione 2020 del Premio, lo abbiamo fatto accettando un’autentica sfida verso l’ignoto. L’imprevisto e prolungato lockdown aveva (e ha) finora determinato cancellazioni e rinvii di importanti eventi e non era affatto escluso che non potesse capitare al nostro. Mai come quest’anno, però, il Premio lo sentivamo necessario, non solo per offrire una prospettiva di ottimismo della volontà, ma soprattutto per raccontare in questa fase di enorme incertezza le straordinarie potenzialità di crescita legate all’innovazione delle nostre imprese. Felici, quindi, non aver ceduto ai dubbi e di essere andati spediti verso questa edizione inedita, svolta completamente in digitale, che ha coinvolto numerosi sostenitori e partner e ottenuto prestigiosi patrocini, come quello di Confindustria Digitale. I numeri ci hanno dato ragione: nella due giorni abbiamo registrato oltre 2000 accessi alla piattaforma e una media di 200 spettatori simultanei a seguire la diretta streaming. La capacità di coinvolgimento del Premio è stata evidente al punto tale che il presidente di Smau, Pierantonio Macola, nostro ospite in un talk, ha espresso la volontà di inserire Salerno come tappa del loro road show internazionale. Non male per un’edizione “startup”! Tutto questo sarà inevitabilmente un valido punto di partenza per l’edizione nel 2021, calendarizzata già per la prossima tarda primavera.

Che Italia raccontano i progetti in gara?

La call ha raccolto circa 120 progetti, di cui 107 ammessi alla competizione finale e ripartiti nelle categorie in gara quest’anno: industria 4.0, digitalizzazione e design. Rispetto alla totalità dei progetti pervenuti, circa il 60% poneva al centro un’innovazione di processo – e quindi ricadente nella sezione riservata alla digitalizzazione – mentre il restante 40% testimoniava la grande spinta innovativa delle tecnologie abilitanti di industria 4.0. Anche il settore del design è stato ben rappresentato (il 15% del totale), a riprova di quanto oggi il mercato chieda prodotti che siano sintesi compiuta di bellezza e qualità funzionale, stile ed efficacia. Volendo ancor più segmentare le innovazioni in gara in questa XIV edizione, va senz’altro sottolineato che l’emergenza Covid-19 ha polarizzato molto l’attenzione, tanto da far registrare un 15% di idee sul tema, tutte rispondenti ai nuovi bisogni del mercato. Altri comparti espressione dei trend del momento sono stati green & circular economy 20%; manifacturing 30%; IT & social 30%.

Ma il risultato che più mi preme rimarcare è che molte delle idee in concorso (il 20%) erano realizzate in modalità collaborativa, elemento su cui quest’anno il Premio ha molto insistito, tanto da attribuire a questi progetti in partnership una premialità aggiuntiva rispetto alle innovazioni promosse dai singoli. Questo ha portato al nostro Premio idee firmate anche da grandi nomi – penso a Italcementi, a Roche e a molti altri – a riprova della elevata capacità distintiva che, negli anni, siamo riusciti a meritarci tra le tante competizioni sull’innovazione oggi presenti sulla scena nazionale. Il tratto saliente e costitutivo del Premio, però,  è e resterà quello di offrire il palco sia all’innovazione spinta, dirompente, radicale, capace di fare da traino e al contempo indispensabile per disegnare il futuro, ma anche alle visioni in piccolo, quei risultati incrementali che consentono alle aziende di dimensioni magari contenute di evolvere, migliorando l’esistente, aumentando la produttività e competitività dell’impresa e l’efficienza di utilizzo di tutti i fattori della produzione.

È questa l’innovazione che serve al Paese.