Dal 13 dicembre 2016 le disposizioni relative alle indicazioni nutrizionali, che riguardano il contenuto calorico, i grassi, i carboidrati con specifico riferimento agli zuccheri e il sale, espressi come quantità per 100g o per 100 ml o per porzione dovranno essere esposti nella parte anteriore dell’imballaggio
In un periodo in cui l’Italia intera punta la riuscita della ripresa economica prevalentemente sulla straordinaria varietà quantitativa e qualitativa dei propri prodotti enogastronomici (l’Expo di certo va in questa direzione), per le aziende si ripropone nella sua essenziale importanza, tra le altre, la questione del rispetto della normativa sulla etichettatura degli alimenti.
D’altra parte, i consumatori “informati” stanno aumentando esponenzialmente. Non solo. Una recente ricerca condotta dal Ministero per le Politiche agricole e forestali ha rivelato che l’82% degli italiani sarebbe disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine e provenienza italiana del prodotto.
Ma cosa si intende per etichetta di un alimento? La definizione ci è data dall’art. 1 del Regolamento Europeo n. 1169 del 2011, per il quale è etichetta «qualunque marchio commerciale o di fabbrica, segno, immagine o altra rappresentazione grafica scritto, stampato, stampigliato, marchiato, impresso in rilievo o a impronta sull’imballaggio o sul contenitore di un alimento o che accompagna tale imballaggio o contenitore».
Il citato Reg. UE, che modifica il D.Lgs. n. 109 del 1992, ha trovato applicazione in Italia a partire dal 13 dicembre 2014. Si applicheranno, invece, dal 13 dicembre 2016 le disposizioni relative alle indicazioni nutrizionali, che riguardano il contenuto calorico (energia), i grassi, i grassi saturi, i carboidrati con specifico riferimento agli zuccheri e il sale, espressi come quantità per 100g o per 100 ml o per porzione nel campo visivo principale (parte anteriore dell’imballaggio); tali indicazioni, tuttavia, ove riportate su etichette su base facoltativa dovranno essere conformi alla nuove disposizioni. Con il Regolamento è stato operato un complesso riordino della normativa previgente, facendo confluire in un unico testo le precedenti norme di carattere generale sulla pubblicità, sull’etichettatura, sull’indicazione degli allergeni e sull’etichettatura nutrizionale.
Tra le novità vanno segnalate: 1) la leggibilità delle informazioni obbligatorie: al fine di migliorare la leggibilità delle informazioni fornite nelle etichette, viene stabilita una dimensione minima dei caratteri per le informazioni obbligatorie, fissata in 1,2 mm (eccetto confezioni < 80 cm2 – minimo 0,9 mm); 2) indicazione di origine: obbligatoria, a partire dall’aprile 2015, per le carni fresche suine, ovine, caprine e di volatili; 3) modalità di indicazione degli allergeni: qualsiasi ingrediente o coadiuvante che provochi allergie deve figurare nell’elenco degli ingredienti con un riferimento chiaro alla denominazione della sostanza definita come allergene.
Inoltre, l’allergene deve essere evidenziato attraverso un tipo di carattere chiaramente distinto dagli altri, per dimensioni, stile o colore di sfondo; 4) prodotti alimentari non preimballati: anche per i prodotti alimentari venduti nel commercio al dettaglio e nei punti di ristoro collettivo occorre riportare le indicazioni sugli ingredienti allergenici; 5) oli e grassi utilizzati: l’indicazione “oli vegetali” o “grassi vegetali” viene superata in quanto tra gli ingredienti si dovrà specificare quale tipo di olio o di grasso è stato utilizzato; 6) nanomateriali: la lista di quelli impiegati va inserita fra gli ingredienti; 7) acquisti online: qualora il prodotto alimentare sia venduto a distanza, la maggior parte delle informazioni obbligatorie sull’etichetta deve essere fornita prima dell’acquisto. Il Reg. UE, inoltre, stabilisce che deve essere indicato il soggetto responsabile della presenza e della correttezza delle informazioni sugli alimenti, cioè l’operatore con il cui nome o ragione sociale il prodotto è commercializzato, o, se tale operatore non è stabilito nell’Unione, l’importatore nel mercato dell’Unione. Sul punto, il Ministero dello Sviluppo economico (Mise) ha chiarito che A) in caso di prodotto con marchio contenente il nome del produttore (stabilito nell’UE), il produttore (titolare del marchio) è l’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti [esempi analizzati: yogurt Danone, bibita Coca Cola]; B. in caso di prodotto dove il nome riportato nel marchio non corrisponde al nome stesso del produttore, l’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti è il titolare del marchio [esempio analizzato: margarina Flora, marchio della Unilever]; C. in caso di prodotto private label che riporta un marchio contenente il nome del distributore (stabilito nell’UE), il distributore (titolare del marchio) è l’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti [esempi analizzati: confettura di albicocche Carrefour, fagioli in scatola Tesco]; D. in caso di prodotto private label dove il nome riportato nel marchio non corrisponde al nome stesso del distributore, l’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti è il titolare del marchio [esempio analizzato: zucchero di canna Boni, prodotto private label a marchio della Colruyt].
In tutti i casi analizzati, l’operatore risponde delle informazioni sugli alimenti in caso sia di produzione diretta, sia in cui il prodotto commercializzato con il proprio nome sia realizzato da terzi (v. Nota informativa Mise prot. n. 170164 del 30/09/2014 reperibile sul sito http://www.sviluppoeconomico.gov.it/).
Ciò chiarito, il regime sanzionatorio legato alle violazioni delle regole di corretta etichettatura degli alimenti ha come destinatari i Responsabili, così come sopra identificati, e gli accertamenti in materia sono di competenza di vari organi di vigilanza autorizzati a livello nazionale: Aziende Sanitarie Locali (ASL), Agenzie Ambientali delle Regioni (ARPA), Nucleo Antisofisticazioni (Nas), Ispettorato Controllo Qualità (ICQ), Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Le fonti normative delle sanzioni sono il D.Lgs. n. 146/2007 (Codice del Consumo), gli artt. 1218 e 2043 del Codice Civile che prevedono il risarcimento danni per fatto illecito e il D.Lgs. n. 109 del 1992.
In particolare, l’art. 18 del citato D.Lgs. 109/1992 commina una sanzione dai 600 ai 3.500 euro nei casi di irregolarità di alcune delle indicazioni riportate in etichetta e per errori di natura formale; una sanzione dai 1.600 ai 9.500 euro nei casi di irregolarità delle informazioni che devono essere contenute nelle etichette, come la data di scadenza, la denominazione di vendita e simili, nonché nei casi di assenza delle indicazioni obbligatorie; una sanzione dai 3.500 ai 18.000 euro nei casi di violazione dei principi dell’etichettatura, di informazioni false e ingannevoli al consumatore e di infrazioni in materia di messaggi. Tale norma, come chiarito dal Mise nella circolare del 6.3.2015, sarà abrogata solo con l’adozione di un nuovo decreto legislativo recante il quadro sanzionatorio delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, ma verrà applicata soltanto ai precetti confermati dal regolamento. Inoltre, le sanzioni previste dall’articolo 18 del decreto legislativo restano applicabili alle violazioni delle disposizioni del decreto medesimo che restano in vigore, in quanto riguardanti materie non espressamente armonizzate dal Regolamento, quali, ad esempio, il lotto o i prodotti non preconfezionati.
In materia di etichettatura degli alimenti ritroviamo, infine, anche sanzioni di natura penale, quali la reclusione dai 2 ai 3 anni (nelle ipotesi aggravate) o la multa fino a euro 2.065 per l’ipotesi di “Frode in commercio” (art. 515 cod. pen.) e la reclusione fino a due anni e la multa fino a euro 20.000 per l’ipotesi di “Vendita di prodotti mendaci” (art. 517 cod. pen.).