Sicurezza sul lavoro e tutela dei terzi nei luoghi aperti al pubblico

LUIGI DE VALERI WEB copyLa legislazione italiana è all’avanguardia in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, le prescrizioni devono essere osservate non solo nel rispetto dei dipendenti ma anche delle persone estranee che occasionalmente si trovino sui luoghi di lavoro

L’insieme delle disposizioni di legge che tutelano i lavoratori e la sicurezza degli ambienti di lavoro si applica ai settori di attività pubblica e privata e non solo ai lavoratori subordinati, ma anche ai terzi e quindi gli avventori che si trovano nei luoghi di lavoro destinati all’esercizio del commercio.
L’art. 2087 del codice civile, norma di chiusura del sistema di previsioni legislative per la tutela del lavoratore, impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica, e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

La vicenda in commento, decisa recentemente dai giudici della sezione lavoro della Cassazione, ebbe origine dalla sanzione amministrativa erogata ad una ditta con un  provvedimento dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale della Regione Marche.

La ditta si era vista imporre il pagamento di 2.193,00 euro per avere violato alcune prescrizioni per la prevenzione e alla sicurezza dei luoghi di lavoro e, in particolare, gli artt. 267 e 270 del DPR 547/55 in materia di requisiti di sicurezza degli impianti elettrici, l’art. 2 del D.Lgs. 493/96 concernente gli obblighi del datore per la segnaletica di sicurezza sul luogo di lavoro e, infine, la mancata tenuta del pacchetto di medicazione in applicazione dell’art. 28 del DPR 303/56 che concerne le norme generali per l’igiene del lavoro.

Il provvedimento era stato impugnato ma il Tribunale di Ancona aveva rigettato l’opposizione della ditta che ricorreva in Cassazione.

La controversia è stata decisa dalla sezione lavoro con la sentenza n. 9870 depositata il 7 maggio 2014.

Il ricorso della società si basava su un unico motivo con cui si deduceva che al tempo dell’intervento del servizio di prevenzione e di sicurezza dell’azienda sanitaria non vi era alcun lavoratore dipendente, né alcun socio che prestasse la propria attività di lavoro sul luogo ove si erano svolti gli accertamenti.
I giudici di piazza Cavour, nel decidere il ricorso, rilevavano che l’apparato normativo relativo alla tutela dei lavoratori e alla sicurezza degli ambienti di lavoro trova applicazione generalizzata a tutti i settori di attività pubblica e privata, tranne alcuni tassativamente esclusi, e si applica non solo ai lavoratori subordinati ma anche a tutti i soggetti ad essi equiparati tra cui i soci di società, anche di fatto.

L’art. 2 del D.Lgs. 626/94 ha previsto una nozione ampia di datore di lavoro, non solo quale soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore ma anche e comunque come soggetto che secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa ha la responsabilità della medesima o di una sua unità produttiva.
L’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme di prevenzione deve essere quindi valutata con riferimento alle funzioni concretamente esercitate.

Sottolineano i giudici che la portata oggettiva degli obblighi di prevenzione e sicurezza è ampia e le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro devono essere osservate non solo a tutela dei dipendenti, ma anche delle persone estranee che occasionalmente si trovino sui luoghi di lavoro.
La società sanzionata a seguito dell’intervento degli ispettori della azienda sanitaria gestiva un’impresa in luogo aperto al pubblico, una sala videogiochi con annesso bar.

La sentenza impugnata aveva correttamente considerato che soggetti tutelati dalla normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro devono ritenersi anche i terzi, il pubblico che, utilizzando le strutture e i macchinari, si trova esposto ai rischi di quello specifico ambiente.
Il ricorso della ditta pertanto è stato rigettato confermando la sanzione amministrativa erogata dalla azienda sanitaria.
Va ricordato che i reati colposi in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi o gravissime originati da tali violazioni, sono stati inseriti dalla legge 123/2007 tra i reati presupposto del D.Lgs. 231/2001 all’art. 25 septies, che regola la responsabilità delle persone giuridiche, società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
La giustizia penale sta applicando con sempre maggior frequenza il decreto legislativo 231 comminando alle società non solo le pene previste ai soggetti personalmente responsabili per aver commesso l’illecito, tra cui coloro che rivestono la qualità di datore di lavoro, ma anche sanzioni pecuniarie e interdittive graduate e diversificate all’ente che possono comportare, tra l’altro, l’interdizione dall’esercizio dell’attività, l’esclusione da agevolazioni e finanziamenti, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.