Smart working, le regole da seguire

Semplici suggerimenti di forma perché il nostro angolo di lavoro, ovunque esso sia, ci rappresenti al meglio

 

Da che Galateo è Galateo le regole nascono per semplificare la vita, non per sofisticarla.

E anche le situazioni che nascono da una necessità improvvisa – lo smart working è stato per molti una di queste – possono essere affrontate brillantemente, attingendo ad alcuni suggerimenti che infondono sicurezza e serenità nel fare la cosa giusta.

Lavorare da casa, termine più attinente e forse meno glamour, è la sostanza della faccenda, in cui il galateo va a lavorare chiaramente sulla forma. Quella che, ahimè, si perde spesso, si giustifica goffamente, ma che prima si impara, meglio si vive. E, badate bene, forma e formalità sono due cose differenti. Della seconda è giusto sapere le regole ma anche i contorni. Della prima è vantaggioso farne uno stile di vita. I vantaggi dello smart working, che probabilmente si renderà necessario ancora per un bel po’, sono molteplici. Non in ultimo, banalmente, il risparmio di chilometri e tempo non retribuito per chi non ha l’ufficio proprio sotto casa, la possibilità di lavorare più e meglio senza l’ansia di perdere il treno o il bus e così via.

Gli svantaggi per chi non è allenato possono essere una minore concentrazione, più facili distrazioni che vanno dal frigo pieno ai figli che chiedono attenzioni ma con questo bisogna convivere. E ciò che conta sono i risultati.

La forma, però, vuole la sua parte. Lavorare in casa significa comunque lavorare, e il lavoro ha delle sue regole anche visive. La videochiamata, entrata a gamba tesa nelle nostre vite, ha trovato acconciature scompigliate, postazioni casuali tenute da casa a volte imbarazzanti.

Le ciabatte sotto la scrivania anche se sono fuori dall’inquadratura, ed è vero che non si vedono, secondo me si percepiscono.

Per anni io ho partecipato a programmi radiofonici di prima mattina, mi sono riascoltato dopo la prima puntata, si capiva che mi ero alzato 5 minuti prima, che avevo tenuto troppo poco il collutorio in bocca, che probabilmente ero in vestaglia da camera e pigiama. Tutto questo senza vedermi. Dalla puntata due ho preso l’abitudine di fare tutto quello che avrei fatto se avessi avuto le telecamere puntate da un momento all’altro, per poi magari tornare a letto 5 minuti dopo.

Lo smart working per essere davvero smart deve essere un modo per ottimizzare le risorse non per abbrutirci. Tutto questo periodo probabilmente porterà dei cambiamenti sensibili nelle nostre vite e nelle nostre aziende. Ci saranno probabilmente vantaggi anche quando lavorare da casa non sarà più una necessità o un obbligo, ma una scelta.

Scelta che creerà di nuovo opportunità che chi saprà cogliere sarà vincente, chi non saprà cogliere dovrà imparare o pagarne le spese. Lo stile non è la risposta a tutto ma spesso è un passe-partout. E non è vero che non si impara. E, se da un lato c’è una differenza sensibile tra avere uno stile o avere stile, quando c’è di mezzo il contribuire a creare un angolo di lavoro ovunque ci si trovi che ci rappresenti al meglio, fa bene imparare anche qualche regola.

Ve le sintetizzo:

1) Scegliete un punto ben illuminato della casa dove lavorare. Se c’è luce naturale è ancora meglio, rende più belli in una videochiamata ed è una fonte di nutrimento indiretta anche per le nostre idee.

2) Va bene scegliere outfit più comodi ma al bando gli abiti da casa. La tenuta da giornata ordinaria da ufficio è il minimo sindacale.

3) Al bando le ciabatte. Anche se non vi vede nessuno, i piedi si adattano immediatamente alla comodità. Sarà molto più difficile una volta tornati alla normalità dopo mesi passati in ciabatte, rimettere le scarpe normali. Iniziare da capo è sempre complicatissimo.

4) È vero che si lavora in casa, ma cerchiamo di tenere una postazione ordinata e pulita. Non solo per chi ci vede ma anche per noi stessi.

5) Con le dovute misure e solo quando è possibile, non sottovalutiamo l’importanza di un incontro. Magari con una frequenza estremamente dilatata, ma senza escluderlo.

6) Rispettiamo comunque il nostro tempo e il tempo degli altri. Fuori dagli orari di lavoro, telefonate e messaggi sono da evitare.

 

 

Ivano Marino: «Smart working? Purché sia smart»

 

Un punto di vista inatteso quanto puntualissimo, quello dell’imprenditore che con la sua agenzia Grumble, fondata con Eleonora Carisi, decreta chi sarà e chi non, influencer digitale, e cosa saprà dare alle aziende che investono nella comunicazione dei social. Ivano Marino spiega quanto, se da una parte oggi gran parte della comunicazione passa dagli strumenti che accompagnano il quotidiano siano determinanti, «la componente umana, il valore del vis à vis non solo con clienti e partner ma anche con la squadra che si nutre di motivazione e senso della collettività nella riuscita di un progetto, non sono da sottovalutare. Nemmeno se c’è della convenienza materiale». La formula giusta, quindi? «Elasticità. E intelligenza», spiega.

«Il periodo è in continua evoluzione, non ci si può permettere il lusso di prendere decisioni strategiche quando non siamo noi a decretare il campo di azione. Si rende così fondamentale poter analizzare velocemente le opportunità e adattarle al momento: una soluzione può essere quella di concentrare in un paio di giorni alla settimana tutto quello che sono gli incontri in cui il valore aggiunto è quello di guardarsi negli occhi e spostare in modalità smart il resto del lavoro senza doversi incontrare. Qui la parola smart ritorna al significato originario. Ottimizzazione, astuzia e massimizzazione dei risultati. L’importante è comprendere la temporaneità di certe soluzioni, raccoglierne i lati positivi e un domani, speriamo il prima possibile, creare una sintesi ottimale».