Lo scorso 7 luglio Confindustria Salerno e Mise hanno messo a confronto alcune tra le migliori esperienze nel settore agroalimentare campano per testimoniare quanto quella della sostenibilità sia una buona scelta
«Le buone idee nella nostra manifattura non mancano. Quello su cui le nostre aziende devono, invece, lavorare è su un set di valori solidi, da comunicare in modo altrettanto forte, che le renda inimitabili». È partito da questa considerazione introduttiva di Giorgio Criscuolo, presidente del Gruppo Alimentare di Confindustria Salerno e direttore generale della Centrale del Latte Salerno, l’incontro del 7 luglio scorso che ha inquadrato alcuni punti fondamentali legati alla sostenibilità ambientale come driver essenziali oggi per il miglioramento continuo di un’azienda, specie se della filiera alimentare.
L’evento è stato organizzato da Confindustria Salerno in collaborazione con il Punto di Contatto Nazionale sulla Responsabilità Sociale d’Impresa del Ministero dello Sviluppo Economico e la Regione Campania, con il supporto di ICE Agenzia.
Protagonisti della tavola rotonda – moderata da Oriana Perrone, Esperto Economico MISE, Direzione Generale Politica Industriale, Competitività e PMI – “il meglio” del made in Campania, testimone di integrazioni perfette della sostenibilità all’interno del proprio modello di business: La Doria SpA, rappresentata da Patrizia Lepere, Investor e Media Relation Manager – Corporate Affairs, ed Elena Maggi, Responsabile Internal Audit; Giuseppe Di Martino, Di Martino Gaetano e F.lli Spa; lo stesso Giorgio Criscuolo, direttore generale Centrale del Latte Salerno SpA; Aldo Savarese, Amministratore Unico Sabox Srl e, infine, Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania.
A gettare le basi della discussione la dottoressa Perrone, cui è spettato tracciare il profilo del contesto in cui le aziende della filiera alimentare si muovono.
«Le imprese – ha sottolineato la Perrone – sono attori principali della crescita economica, ma al contempo sono anche motori dello sviluppo sociale e culturale dei territori in cui operano. Se il dialogo con il territorio si interrompe – come può succedere in anni di globalizzazione spinta – il rischio è che si crei uno sviluppo “insostenibile”. Rimettere la crescita sostenibile al centro, in una visione e missione aziendali che integrino i valori della sostenibilità, è oggi un percorso sì complesso ma premiante: gestione di rischi di impatto negativo, coinvolgimento dei lavoratori e delle comunità, trasparenza e tracciabilità delle informazioni, sostenibilità ambientale, si sono rivelati fattori critici di successo. In materia di condotta responsabile delle imprese il MiSE per l’Italia ospita il Punto di Contatto Nazionale per le Linee Guida OCSE che rappresentano un supporto per le imprese che vogliano rispondere efficacemente alle nuove richieste dei mercati internazionali, dei governi e della società civile».
Presente all’incontro anche la professoressa Ornella Malandrino del Dipartimento di Scienze aziendali – Management e Innovation System dell’Università degli Studi di Salerno che, ben conoscendo le forze produttive del territorio, ha evidenziato come esistano numerose realtà di eccellenza nella filiera agroalimentare salernitana, che però spesso hanno sistemi di gestione volontari: «occorrerebbe, pertanto, creare modelli e metodi capaci di potenziare il già alto livello di conoscenza di queste aziende, spingendo ad esempio sulla forza che deriva dall’economia circolare, o facendo ricorso a strumenti di misurazione e rendicontazione delle iniziative sociali delle aziende».
Le prime a presentare la propria esperienza premiante sono state le dottoresse Lepere e Maggi de La Doria. Entrambe hanno ricordato come la sostenibilità sia stata letta innanzitutto dal top management come un’opportunità da cogliere, una cultura necessariamente da diffondere sia all’interno, sia all’esterno dell’azienda. «Per questa ragione – hanno detto – abbiamo avviato per la prima volta un complesso percorso di reporting sociale perché solo misurando ciò che di buono si è ottenuto è possibile, non solo comunicarlo ai propri fornitori, clienti e consumatori lungo la filiera, ma migliorarsi ancora».
Ha raccontato di radici e nuovi obiettivi, invece, Giuseppe Di Martino il cui Pastificio dei Campi è stato pioniere in tema di tracciabilità. Grazie prima a una brillante intuizione imprenditoriale e poi alla tecnologia di Google Maps, il consumatore può leggere sulla confezione tutte le informazioni relative alla produzione della pasta, a partire dal lavoro del contadino fino alle battute finali di confezionamento. «Oggi è indispensabile saper fare, certo, ma anche far sapere. La capacità di trasmettere a molti il valore creato dalla propria azienda – ha rimarcato l’imprenditore titolare anche del marchio Antonio Amato che come gli altri stabilimenti del Gruppo presto lavorerà solo grano 100% italiano – diventa anche un’importante leva competitiva. È una questione di gusto sì, ma anche di trasparenza. Per fare bene il nostro mestiere e distinguersi – chiude – indispensabili sono poi la formazione continua e la conoscenza del mondo per individuare minacce e opportunità prima che si verifichino e prima della concorrenza».
A Giorgio Criscuolo, smessi i panni istituzionali e indossati quelli del manager, è spettato il compito di ripercorrere le tappe che hanno disegnato il successo della sua azienda: «La scelta di privilegiare la materia prima locale, investendo nei fornitori, è stata per noi decisiva. Ci ha permesso nel tempo di costruire un clima di fiducia con i consumatori e rendere credibile tutte le interazioni. Siamo un’azienda atipica – ha spiegato il direttore della Centrale del Latte Salerno – perché in questi anni abbiamo lavorato per trasformare una commodity come il latte in un prodotto richiesto perché dotato di una brand reputation forte, capace di generare utili e consenso intorno a sé».
Aldo Savarese della Sabox, poi, sottolineando come la sostenibilità non sia una scelta di marketing, ha raccontato il percorso di crescita della sua azienda, contraddistinto da un approccio integrato e dalla nascita di prodotti sostenibili come greenboxX e di nuove aziende come Formaperta , Greener Italia e anche dalla Rete di Imprese per il packaging sostenibile: 100% Campania. «Un percorso che mi auguro – ha chiosato l’imprenditore – possa essere la buona premessa per un tavolo di lavoro per la definizione di un Regional Compact che definisca azioni e obiettivi condivisi per la sostenibilità ambientale, sociale ed economica, secondo quelle stesse linee guida che oggi stiamo approfondendo».
Perché cambi il vento e il seme della sostenibilità possa propagarsi c’è bisogno dell’humus giusto. Generare una coscienza etica per la creazione di valore è da sempre il compito di Legambiente che, con il suo presidente campano Michele Buonomo, è impegnata in diversi progetti che fanno della sostenibilità ambientale il loro perno, coinvolgendo cittadini ma anche imprenditori per un percorso di crescita comune e condiviso. «Il segreto – conclude Buonomo – è spiegare sempre il perchè delle cose, motivandone la ragionevolezza. La sostenibilità può e deve attecchire proprio perché conviene. Giova al pianeta, contrasta i cambiamenti climatici ed è conveniente anche dal punto di vista della redditività».