Spending review, mind review ed “economia rurale”

Come si fa in agricoltura per dare al terreno il tempo utile di rigenerarsi, anche per il sistema economico andrebbe attuato un “fermo fiscale” per stimolare la fiducia e spronare famiglie e imprese a ripartire

 

 

L’origine della crisi che riguarda l’Europa e l’Italia è, tra le altre cose, imputabile alla manovra monetaria effetto del cambio scellerato tra lira ed euro. Tale manovra ha avuto un impatto fortissimo, anche se ritardato, sull’economia reale poiché ha ridotto il potere d’acquisto, in particolare dei lavoratori. Imprenditori e professionisti, nella maggior parte dei casi, hanno potuto alzare i prezzi, ma hanno visto aumentare anche i costi, così come ridursi la domanda. Ovviamente per linee generali e fatte le dovute eccezioni.
Da alcuni di anni, tuttavia, per effetto della riduzione della Domanda i prezzi, anche se esclusivamente in alcuni settori, in particolare in quello immobiliare, si muovono sensibilmente al ribasso.

Il circolo vizioso della riduzione della spesa.riduzione spesa grafico 1

L’ingresso nell’Unione Europea ha dunque comportato un primo effetto recessivo per effetto della manovra monetaria straordinaria (l’introduzione della moneta unica) ed un secondo effetto recessivo dovuto a vincoli di bilancio più stringenti (da un lato anche ragionevoli).
Quest’ultimo fattore (i vincoli di bilancio) è quello che ci ha portato quotidianamente a dover trattare con due parole nuove di origine anglosassone: spread e spending review, in Italia maccheronicamente tradotta come politica di Riduzione della Spesa. Ma la “medicina” ha peggiorato il male.
Esiste un postulato di macroeconomia che fa riferimento al bilancio pubblico, in base al quale una riduzione della spesa, per tutta una serie di fattori, comporta una riduzione della domanda (acquisti di consumatori e imprese) e dunque una riduzione del PIL.

 

Nella Figura 1 si vede dunque come la Manovra A di riduzione della spesa (da 10 a 8) determina, conseguentemente ed ovviamente, anche una riduzione delle entrate fiscali.
I governi che si sono succediti da Monti in poi (tecnici, delle larghe intese e dunque di tutti i colori politici), nel nome della Spending Review, in seguito agli effetti della riduzione della spesa (Manovra A) hanno, tutti, dovuto aumentare (manovra correttiva B) le aliquote fiscali (IVA, etc.), ingenerando un circolo vizioso che ha portato ad ulteriori riduzioni della Domanda e del PIL.

 

Correlazione fiducia – risultati

Il tutto determinando una condizione di sofferenza nel Paese che si è manifestata in un crollo della Fiducia, gravissimo da un punto di vista macroeconomico. La fiducia è una variabile complessa da definire, che tuttavia pur essendo assolutamente immateriale, relativa e soggettiva ha una dimensione sociologica, di rilevanza fondamentale anche e soprattutto in contesti estremamente tecnici come i mercati. In questi anni di crisi economica non solo gli esperti di macroeconomia e di statistica ma anche i “comuni” cittadini si sono abituati ad espressioni come: la fiducia delle imprese, la fiducia dei consumatori, dei risparmiatori ed altre simili. Gli unici che sembrano occuparsene per nulla sono i Governi Nazionali.
Maggiore è la fiducia, migliore è l’andamento negli ambiti ad essa correlati. Anche a livello individuale essa ha un peso enorme! Lo sanno bene i trainer di un certo livello che accompagnano i loro assistiti (in tutti gli sport e non solo) verso il miglioramento continuo delle loro performance. Più una persona ha fiducia nelle sua qualità, nelle sue potenzialità, nei suoi progetti, più ella ha possibilità di ottenere realizzazione e soddisfazione (si veda la figura 2, Correlazione fiducia – risultati).fiducia grafico 2

 

Tanto vale anche per le imprese, i consumatori, i popoli! I numeri da soli non bastano, le persone vanno prese per la pancia, ma anche le emozioni nel lungo periodo, da sole, si scontrano con la dura realtà.
I tentativi fatti dai diversi Governi di risollevare l’economia hanno miseramente fallito perché vincolati da principi finanziari (non userei l’espressione ragioneristico per non sminuire la categoria!) di bilancio che assomigliano a quelli delle aziende in difficoltà, poiché hanno un orizzonte di breve periodo. Un’azienda in difficoltà infatti, non si concentra più sul suo conto economico, non si occupa più di strategie che possano incrementare i ricavi e produrre utili, ma pensa solo a dove poter trovare i soldi per pagare i debiti (atteggiamento finanziario). Un’aziendalista (che deve essere anche un buon ragioniere!) non dovrebbe operare così, poiché questa è una visione d’urgenza che può portare frutti (pochi) solo nel breve periodo.

Data la condizione di crisi, quasi decennale, il nostro Stato dove può trovare i soldi per fare ripartire gli investimenti, la fiducia e l’economia?
Sono due i modi per stimolare l’economia ed superare soluzioni finanziarie (cosiddette, da qualcuno, ragioneristiche) a somma zero: 1) usare fondi europei; 2) rivedere la qualità della spesa.
Con il primo sistema utilizzi risorse esogene e quindi i parametri economici migliorano senza che questo comporti la necessità di risorse interne, quindi senza dover applicare nuove tasse (che generano un effetto recessivo).

 

Il circolo virtuoso della revisione della spesa

Il secondo sistema è quello illustrato nella figura 3.

 

revisione spesa figura 3Si tratta della rivisitazione della spesa, la cui traduzione dovrebbe essere proprio spending review (?) anche se per come è stata applicata in Italia è probabile che ci sia stato un errore di interpretazione. Si sa che da noi esiste una forte barriera linguistica, anche da parte di chi ha frequentato le scuole alte! Di sicuro, e non solo da questo punto di vista, all’Italia servirebbe una MIND REVIEW, ossia un cambiamento culturale.
La Manovra A, in figura 3, evita l’effetto recessivo di una riduzione della Spesa, poiché essa non viene ridimensionata (rimane al livello 10) ma viene “rivista”: si riduce la spesa improduttiva (tassi di interesse e varie forme di sprechi) – nel grafico indicata con spesa – – aumentando quella produttiva (investimenti, welfare “sano”, etc.) – nel grafico indicata con spesa +. A parità di Budget, l’aumento della spesa produttiva genera un effetto positivo sul PIL e dunque sulle entrate fiscali e le casse dello Stato. La Manovra B è correttiva in senso migliorativo: in seguito all’incremento del gettito fiscale, lo Stato riduce le aliquote e questo genera un ulteriore incremento della Domanda (acquisti di famiglie e imprese), del PIL e delle entrate fiscali.

Utopia? No, politica keynesiana di sviluppo: migliori il livello qualitativo della spesa e riduci le tasse.

L’effetto volano sull’economia d’altronde, sarebbe ancora maggiore se accompagnato da manovre che mirassero al suo sviluppo sostenibile, stimolando, con adeguate misure, gli investimenti privati già nella fase A. Il manager pubblico con spirito “ragioneristico”, pardon (!) finanziario potrebbe obiettare che non ci sono i soldi per politiche di sviluppo (riduzione delle aliquote), già nella fase A. Bisognerebbe però andare al di là delle stringenti logiche “lineari” di partita doppia e da aziendalisti addentrarsi in una mirata analisi del margine di contribuzione.
Quali sono i settori dell’economia da cui viene il prelievo? Quanto proviene, per esempio, dal settore immobiliare e dal suo indotto? Come fare per migliorarne il contributo in termini di gettito fiscale? Se anziché alzare le tasse provassi a ridurle sui “nuovi acquisti” per stimolare investimenti nel settore, quale sarebbe l’impatto sul gettito, ad oggi probabilmente molto risicato in questo comparto dell’economia?
Le aliquote fiscali anziché diminuire in questi ultimi anni sono aumentate con un gettito fiscale mai in linea con le previsioni e soprattutto con un’economia sempre più in difficoltà. Nel pieno rispetto di un fondamentale principio di macroeconomia descritto con la CURVA DI LAFFER, che sembra derivare dall’economia rurale: lo Stato contadino vorace munge i cittadini senza preoccuparsi che, non alimentandoli adeguatamente, in alcuni casi sfibrandoli, non produrranno più latte!
Per tornare all’economia rurale, è meglio l’uovo oggi o la gallina domani?
In agricoltura così come nella caccia e nella pesca, si attua il “fermo biologico”. Se non dai il tempo al terreno di recuperare i suoi elementi, se non dai il tempo ai pesci di crescere rischi di depauperare il futuro dei tuoi figli. Bisogna aver rispetto dell’eco-sistema in cui si opera altrimenti l’utilizzo diventa sfruttamento “non sostenibile”.
Non è dunque una mera questione di Spending Review ma piuttosto una questione culturale, una questione di Mind Review. Probabilmente è necessario limitare gli inglesismi – che non sappiamo sempre tradurre in maniera efficace! – e recuperare la nostra cultura e le nostre tradizioni. Se lo Stato impara ad aver fiducia nel futuro e a curarsi dei suoi cittadini, essi torneranno a rispettarlo, torneranno a fidarsi dello Stato e potranno dare il loro ragionevole contributo.
Il raccolto verrà, è sempre arrivato nel corso dei tempi, bisogna (solo) saper aspettare. Ad maiora!