Le intenzioni di investimento dei “non adopters” nei prossimi anni risultano decisamente inferiori rispetto a quelle dichiarate dagli “adopters”. Ed è proprio qui che bisogna agire, velocemente. «In assenza di azioni correttive il divario tra le imprese più avanzate e quelle più arretrate sarà inevitabilmente destinato ad accentuarsi»
Presidente, Federmeccanica ha realizzato un’indagine presso le imprese associate per capire a che punto sono rispetto alla digitalizzazione della manifattura. Cosa è emerso?
Federmeccanica, consapevole dell’importanza del tema “Industry 4.0” ha costituito la Task Force “Liberare l’ingegno”, composta da rappresentanti del mondo associativo, accademico e imprenditoriale; tale gruppo di lavoro dopo aver individuato 11 tecnologie abilitanti (dalla Stampa 3D alle nanotecnologie, dalla Meccatronica alla Robotica; passando per l’Internet of Things), ha condotto un’indagine presso le imprese associate per definire insieme un percorso strutturato e “accompagnare” le aziende manifatturiere verso una graduale digitalizzazione e la nuova “fabbrica intelligente”. L’analisi, presentata a Roma lo scorso 21 settembre e disponibile sul nostro sito, si basa su un campione di 527 imprese. I risultati emersi sono estremamente interessanti, un dato su tutti da cui partire: il 64% delle imprese campione (definite “adopters”) dichiara di avere adottato almeno una delle 11 tecnologie considerate; mentre il 36% (le “non-adopters”) dichiara di non averne adottata alcuna. Il ritardo delle imprese italiane sul tema “Industry 4.0” resta però significativo: le intenzioni di investimento dei “non adopters” nei prossimi anni risultano decisamente inferiori rispetto a quelle dichiarate dagli “adopters”. Ed è proprio qui che dobbiamo agire, velocemente. In assenza di azioni correttive il divario tra le imprese più avanzate e quelle più arretrate sarà inevitabilmente destinato ad accentuarsi. Il nostro ruolo è proprio quello di agire come “nodo intelligente”, promuovere e diffondere la cultura dell’innovazione, come indispensabile driver di competitività e crescita dell’Industria italiana.
In merito alle attese delle imprese invece?
Dalla nostra indagine emerge con chiarezza che le imprese si aspettano da Federmeccanica una informazione puntuale circa gli strumenti finanziari a supporto degli investimenti, siano essi a livello nazionale o europeo, nonché l’aggiornamento e la sensibilizzazione degli imprenditori e lo sviluppo di una campagna di comunicazione che individui aziende campione e diffonda nel sistema “buone pratiche”. Bisogna quindi comunicare la “buona novella”, spiegando agli imprenditori che può trattarsi anche di un processo graduale con limitati investimenti e utilizzando gli impianti esistenti, ma che va iniziato, con urgenza. Da ciò il nostro slogan “iniziare in piccolo, già da domani, ma pensando in grande”. Sì dunque alla gradualità, ma all’interno di un progetto ampio e con una visione complessiva anche di politica industriale.
Il Piano del governo prevede 23 miliardi di euro, in quattro anni, 13 di incentivi fiscali e 10 di investimenti. Basteranno a dare vita alla “rivoluzione delle rivoluzioni”?
Noi preferiamo parlare di “evoluzione” più che di “rivoluzione”, poichè come detto può trattarsi anche di un processo “graduale”; inoltre “rivoluzione” è un termine che potrebbe spaventare ingiustificatamente gli imprenditori. Per quanto attiene il Piano probabilmente non sarà sufficiente ad affrontare un fenomeno così importante come “Industry 4.0” ma dimostra che il governo ha preso in carico l’impegno di avviare un progetto di politica industriale assente da molti anni nel nostro Paese.
Quali saranno i vantaggi per le piccole e per le grandi?
Per le piccole imprese sarà possibile massimizzare l’utilizzo degli impianti, renderli più affidabili e capaci di produrre i beni in quantità e qualità adeguate, rendere più flessibili le proprie linee produttive, guadagnare in produttività. E non sarà certo infrequente vedere piccole aziende inventare nuovi prodotti e nuovi modelli di business. Le grandi, in aggiunta a ciò, potranno essere sempre più orientate al cliente grazie all’accesso ad informazioni direttamente provenienti da essi. Esempi ce ne sono già, ma l’inventiva unita alla tecnologia ci riserverà molte sorprese. Bisogna però sottolineare che non esistono più vantaggi competitivi di lunga durata. É necessario dunque evidenziare anche i rischi e gli svantaggi di rimanere indietro. Sarebbe come pensare che chi è rimasto al telaio mosso da macchine a vapore possa competere con moderni impianti di filatura. Alla lunga non ci sarà spazio per questo.
Cosa spingerà a innovare quelle aziende che ritengono non necessario investire in digitale?
Decidere di non investire oggi è come se all’inizio dell’era delle macchine a controllo numerico si fosse deciso di non adottare quella tecnologia. Con torni e fresatrici manuali ci si sarebbe trovati in poco tempo fuori mercato. Ma d’altra parte bisogna ribadire alle imprese più “scettiche” che è possibile entrare un passo alla volta in questo nuovo paradigma ricordando ad esempio, che sensori capaci di rilevare un numero impressionante di grandezze fisiche hanno costi
irrisori. Con meno di 150 euro e un PC si può fare una prima incursione nelle nuove tecnologie e metterle a frutto massimizzando l’utilizzo di un macchinario. Come sempre avviene poi, il buon esempio della “porta accanto” sarà uno stimolo. Solo che la porta accanto questa volta potrà essere l’azienda di Sidney, di Toronto o di Shanghai, in grado di soffiare un cliente o un prodotto grazie a costi, qualità o user feedback migliori. Abbiamo testimonianze di interi distretti industriali che si sono salvati grazie allo sforzo di innovazione e di rinnovamento tecnologico. Al contrario, abbiamo purtroppo interi distretti che soffrono per non aver avuto coraggio e lungimiranza nell’accettare la sfida e rilanciare.
Come saranno formate le competenze necessarie previste da Industria 4.0?
Con interventi di formazione continua, attraverso l’alternanza formativa e collegando in rete scuola, ricerca e impresa come ha programmato il governo nel Piano per Industria 4.0 e nel Piano Scuola Digitale. Le imprese, soprattutto quando innovano, sono chiamate a riqualificare le proprie persone. In questo senso, il diritto soggettivo alla formazione continua, estesa a tutti i lavoratori, che Federmeccanica ha proposto nell’ambito del Rinnovamento contrattuale, offre uno strumento essenziale. Relativamente alla formazione di nuove professioni, ritengo ampiamente condivisibile e di grande visione il Piano del Governo per Industria 4.0, con obiettivi concreti da realizzarsi entro il 2020. Particolarmente interessante è la previsione dei Digital Innovation Hub, partecipati da poli universitari di eccellenza, che hanno l’obiettivo di trasformare la ricerca di base in trasferimento tecnologico, dei Competence Centre quali laboratori di traino verso l’innovazione del sistema universitario e industriale, nonché l’investimento nella formazione di 200.000 studenti universitari e di 1.400 dottorati di ricerca specializzati su Industria 4.0 e nel raddoppiare il numero degli iscritti agli ITS per formare, in 2 anni, quadri intermedi sui temi I40. Queste misure sono importanti perché propongono un percorso di trasformazione della filiera della conoscenza che va di pari passo con la trasformazione dei processi produttivi affidandone la regia a tutti gli stakeholder, pubblici e privati, coinvolti in questa grande evoluzione verso Industria 4.0.
Il controllo sull’attuazione delle misure spetta a una cabina di regia di cui Confindustria è parte. Non solo politica, quindi. Questo che garanzie offre al sistema delle imprese?
“Industry 4.0” è una sfida che coinvolge l’intero Sistema Paese. É dunque fondamentale che il mondo delle imprese rappresentato da Confindustria sieda al tavolo dove si discute del nostro futuro. E noi siamo pronti ad offrire al Governo tutte le nostre conoscenze e competenze nell’interesse delle imprese associate, consapevoli del processo di cambiamento che queste dovranno affrontare.