Super ACE, chiarimenti

Entro il limite dei 5 milioni di euro sarà possibile computarla al rendimento nozionale del 15%, applicandosi all’eccedenza, invece, la percentuale ordinaria dell’1,3%

 

Un recente chiarimento fornito dall’Amministrazione Finanziaria nel contesto di Telefisco 2022 ha consentito di ribadire un interessante assunto a proposito dei limiti di ammissibilità della Riserva di Rivalutazione di beni strumentali ai fini della c.d. Super ACE, reintrodotta nel nostro ordinamento dall’articolo 1, comma 287, della legge 27 dicembre 2019, n. 160. Nonostante il chiarimento, restano ancora dubbie alcune posizioni limite, come ad esempio il momento di rilevanza delle poste iscritte nella voce “Utili a nuovo” del Patrimonio Netto.

Abbandonata per un breve periodo, la norma che consente di detassare il rendimento nozionale del capitale proprio è stata reintrodotta nel nostro ordinamento fiscale dall’articolo 1, comma 287, della legge 27 dicembre 2019, n. 160. 

L’agevolazione è fruibile sia dai soggetti IRPEF titolari di reddito d’impresa, sia dai soggetti IRES. Essa opera, come detto, sotto forma di detassazione (della Super ACE si dirà in seguito) della quota di reddito calcolata applicando un coefficiente di remunerazione alla base ACE che registra gli incrementi netti del capitale proprio dell’impresa. Quest’ultima, in buona sostanza, è data dalla sommatoria degli incrementi rilevanti del Patrimonio Netto registrati rispetto alle consistenze del medesimo al 31 dicembre 2010. Gli incrementi rilevanti sono così riassumibili:

  1. a) conferimenti in denaro;
  2. b) utili destinati a riserva non indisponibile.

I predetti valori vanno nettizzati rispetto alle riduzioni del patrimonio netto intervenute per attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti.

La detassazione opera nei limiti del reddito imponibile dell’esercizio, con possibilità di riportare in avanti l’eccedenza. In alternativa, l’eccedenza può essere altresì convertita in credito d’imposta spendibile solo ai fini IRAP in quote costanti nei cinque periodi d’imposta successivi.

Limitatamente agli esercizi 2020 e 2021, nel caso in cui una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2021, crediti deteriorati è possibile trasformare in credito d’imposta le imposte anticipate riferite all’importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione.

La deduzione è calcolata applicando alla base ACE il “coefficiente di remunerazione”, attualmente fissato all’1,3 per cento. Tuttavia, allo scopo di favorire la patrimonializzazione delle imprese nel periodo COVID, il Decreto Sostegni bis ha aumentato, per i soli incrementi operati nel 2021, il rendimento nozionale dell’ACE dal 1,3% al 15% con possibilità di convertire in credito d’imposta la detassazione spettante.

Passando al novero del calcolo della base ACE, restringendo per semplicità il campo di analisi alle società di capitali, queste dovranno sommare, a decorrere dal 2011 o, se successiva, dalla data di costituzione:

  • i conferimenti in denaro da parte dei soci;
  • gli utili netti di bilancio accantonati a riserve non indisponibili;
  • la rinuncia da parte dei soci ai crediti di origine finanziaria vantati verso la società.

A proposito di Riserve disponibili, esse sono quelle liberamente utilizzabili per la distribuzione ai soci, per la copertura di perdite e per l’aumento del capitale sociale. Si tratta, quindi:

  • della riserva legale;
  • della riserva statutaria;
  • della riserva straordinaria;
  • della riserva indivisibile;
  • della riserva in sospensione d’imposta delle Reti d’impresa;
  • delle riserve disponibili così valutate dopo la “riclassificazione” da riserve indisponibili a seguito del venire meno della condizione di indisponibilità.

A ben vedere, restano del tutto escluse dal computo:

  • le riserve formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’art. 2433 c.c., in quanto derivanti da processi di valutazione (come recentemente ribadito dall’Agenzia delle Entrate nel corso di Telefisco);
  • le riserve formate con utili realmente conseguiti che, per obbligo di legge, non sono distribuibili né utilizzabili a copertura di perdite e aumenti gratuiti di capitale.

Contestualmente, si dovrà invece detrarre dagli incrementi:

  • la distribuzione di qualsivoglia riserva di utili o di capitale;
  • la riduzione del capitale sociale con attribuzione ai soci;
  • dal 2016, l’incremento del valore dei titoli e valori mobiliari rispetto alla consistenza presente nel bilancio 2010;
  • il conferimento in denaro a società del gruppo;
  • l’incremento dei finanziamenti a società del gruppo;
  • il conferimento proveniente da soci ubicati in Paesi black list;
  • l’acquisto di aziende da società del gruppo;
  • l’acquisto di partecipazioni di controllo da società del gruppo.

La base ACE non potrà in nessun caso essere superiore al valore del patrimonio netto contabile alla fine dell’esercizio, aumentato del risultato dell’esercizio medesimo.

Costituita la base ACE, questa dovrà essere moltiplicata per il rendimento nozionale, così individuandosi la quota di reddito detassabile.

A proposito di Riserve indisponibili, nel recente incontro di Telefisco l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che fra queste debbono includersi (nonostante uno storico parere contrario di Assonime) anche le Riserve di Rivalutazione in quanto, come tali, formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’art. 2433 c.c.. Ovviamente, tale limitazione resiste fino all’esercizio in cui viene meno il vincolo di indisponibilità. Ciò nonostante, come già ampiamente ribadito nel contesto della Risposta ad Interpello n. 889/2021, le stesse Riserve concorrono comunque a formare la base Ace in ragione dei maggiori ammortamenti (contabili e non fiscali) stanziati sui valori rivalutati. In pratica, così come illustrato dall’OIC n. 4, l’ammortamento eseguito sul valore rivalutato, che di fatto determina minori utili, ha l’effetto di “concretizzare” la corrispondente quota di plusvalore.

Le precisazioni del Fisco nell’incontro organizzato da Il Sole 24 Ore sono servite soprattutto a chiarire che la quota “realizzata” è determinata sul 97% del maggior valore delle immobilizzazioni iscritte, dovendosi tenere conto dell’imposta sostitutiva versata del 3%.

Con riferimento, quindi, alla Super ACE, entro il limite dei 5 milioni di euro sarà possibile computarla al rendimento nozionale del 15%, applicandosi all’eccedenza, invece, la percentuale ordinaria dell’1,3%.

A mero scopo esemplificativo, quindi, dato per 1.000 l’ammortamento imputato a conto economico in assenza di rivalutazione e 2.000 quello che invece tiene conto del valore dei cespiti rivalutati, la base ACE sarà costituita dalla differenza tra i predetti valori e, quindi, pari a 1.000.

Tuttavia, detta base sarà assunta al 97%, nettizzandola dell’imposta sostitutiva.

Applicando il rendimento nozionale del 15% si avrà quindi un credito d’imposta (o una detassazione) di 145,50.