La Cassazione, nel caso qui commentato, ha respinto il ricorso proposto dall’azienda, decretando che i fatti contestati, pur sussistenti, fossero di rilievo disciplinare sostanzialmente inapprezzabile
Venti anni per una sentenza di lavoro non ancora definitiva
Ad oggi le due parti in causa dovranno attendere il pronunciamento della Corte di Appello di Firenze, cui il procedimento è stato rinviato, nella speranza che questa si adegui alle indicazioni della Cassazione
L’articolo 18 dopo la Riforma Fornero
Nella materia dei licenziamenti disciplinari resterebbe intatta la fondamentale norma di cui all’articolo 2106 del codice civile: il Giudice non è tenuto solo ad accertare l’effettiva sussistenza del fatto contestato nella sua materialità, ma deve valutare – fra l’altro – oltre ai profili soggettivi di dolo e colpa, anche se esso risulti così grave da giustificare l’applicazione della sanzione del licenziamento disciplinare con la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro
Un caso di licenziamento illegittimo
Con la sentenza n. 23365 del 15 ottobre 2013 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall’azienda comminato a un dipendente che durante la malattia lavorava presso un’agenzia immobiliare. I perché giustificati del reintegro
Licenziato per accesso a siti internet, reintegrato nel posto di lavoro
Il caso in esame riguarda il licenziamento comminato da una azienda, Casa di cura, al dipendente che durante l’orario di lavoro effettuava ripetutamente e senza autorizzazione accessi a siti internet. Nella lettera di contestazione il datore di lavoro aveva allegato per comprovarne le ragioni copiosa documentazione, attendendo le giustificazioni secondo quanto previsto dallo Statuto dei Lavoratori per le conseguenti decisioni. Vediamo come è andata a finire…