L’Unione per il Mediterraneo delega a Businessmed lo sviluppo dell’integrazione del settore privato mediterraneo in particolare delle piccole e medie imprese delle due sponde
Senza fretta ma senza sosta l’azione del settore privato mediterraneo si sta precisando. E il suo filo conduttore sembra proprio quello della teoria dei giochi, il teorema per cui in situazioni in cui gli attori non cooperano, ma anzi sono in competizione, la mossa strategica vincente per tutti e per ciascuno è arrivare ad una situazione di equilibrio. Sembra l’esatto contrario dei Paesi europei, tutti in competizione tra loro sia in termini di politica tout court che di politica economica. E anche la policy europea imprenditoriale comune, che a Bruxelles a cavallo degli anni Ottanta era invece molto dinamica, malgrado una Presidente di indubbio valore, viene percepita come qualcosa di distante, specie in Italia, dove il processo di disintermediazione dei corpi intermedi sta pesantemente coinvolgendo anche sindacati e associazionismo imprenditoriale.
Nel frattempo nel nostro Paese gli avvenimenti degli ultimi tempi stanno sempre più associando il Mediterraneo ai barconi, agli attacchi sanguinosi e alle bandiere nere. E così passano sotto silenzio precise azioni di politica imprenditoriale mediterranea che si stanno delineando. Lo abbiamo già scritto da queste pagine: sotto l’emergenza dell’assalto all’Europa attraverso le coste di Italia e Grecia, l’Unione Europea serra i ranghi, in una miope visione interventistica e repressiva dei flussi migratori, senza mettere mano al vero nocciolo scatenante di tale processo, che pure con la Dichiarazione di Barcellona vent’anni orsono la stessa Unione Europea aveva identificato. E cioè la necessità di supportare la crescita economica della Sponda Sud attraverso il Partenariato euro-mediterraneo, un meccanismo di partnership con l’Unione Europea in campo economico, politico e culturale.
Ma dalla Sponda Nord i necessari investimenti, che i Paesi della Sponda Sud aspettavano, non sono mai arrivati. Nel frattempo l’esplodere della demografia insieme alla carenza di occupazione hanno innescato il processo di instabilità che lega più paesi mediterranei, diffondendo in tutta Europa l’idea che i giovani del sud del Mediterraneo siano una sorta di pericolo per l’area continentale, anziché prima di tutto una preziosa risorsa per i loro Paesi di origine. Anzi, ad essere più chiari,forse il loro stesso futuro. Ma a questo gioco l’associazionismo imprenditoriale della Sponda Sud non ci sta. Già a marzo a Venezia, Jacques Jean Sarraf, il Presidente di BusinessMed, la Federazione delle Confindustrie sud mediterranee, nel Business Forum che ha preceduto il Biennale della Piccola Industria di Confindustria aveva evocato la necessità che la Sponda Sud delle imprese rimanesse saldamente agganciata a quella Nord. Avevamo però pensato ad un discorso di stile, lo confessiamo.
Ma ora dall’azione bilaterale con l’Italia, Businessmed alza il tiro e “atterra” direttamente sulla policy europea, attraverso l’Accordo concluso a Barcellona all’inizio di giugno di quest’anno con l’Unione per il Mediterraneo, alla cui firma Assafrica, presente all’incontro, ha assistito.
Anche stavolta il paludato linguaggio dei comunicati stampa ha fatto pensare ad una delle tante dichiarazioni di intenti che in ambiente comunitario vengono sottoscritte. Invece nel suo discorso il Segretario Generale dell’Unione per il Mediterraneo Sijilmassi – guarda caso negoziatore per il suo Marocco al Processo di Barcellona e per la creazione della Free Zone con gli USA, già a capo dell’Agenzia per la promozione degli Investimenti, per lungo periodo anche in Italia, che conosce quindi benissimo il valore del modello italiano della PMI, è stato chiarissimo: «L’UPM delega a Businessmed lo sviluppo dell’integrazione del settore privato mediterraneo in particolare delle Pmi delle due sponde, che rappresentano il 90% delle imprese mediterranee, a nord come a sud».
Il Presidente Sarraf è stato altrettanto chiaro: «La Sponda Sud conoscerà un effettivo e reale avanzamento soltanto quando potremo svilupparci nell’ambito di un vero Mercato comune euro-mediterraneo. E potremo aspirare ad una globalizzazione efficace soltanto dopo aver realizzato una integrazione economica completa con l’Europa.
Noi crediamo fermamente in un mercato euro-mediterraneo aperto e integrato, basato su regole armonizzate e che abbia per obiettivo la liberalizzazione e l’integrazione delle economie; nella libera e legale circolazione delle persone; nella prevenzione e lotta della minacce alla sicurezza comune e nella lotta contro il crimine organizzato, la corruzione e la frode, i rischi ecologici e nucleari e le malattie trasmissibili. Abbiamo davanti il grande cantiere delle relazioni economiche tra Unione Europea e i Paesi del Sud del Mediterraneo, e per questo abbiamo aderito al Processo di Barcellona e continueremo a farne parte attraverso l’Unione per il Mediterraneo». Altro che il linguaggio degli eurocrati: piuttosto una visione ampia, dunque, in cui peraltro un grandissimo posto viene riservato ai giovani, con il supporto al Programma Homere, un progetto UE che non ha niente a che fare con il grande poeta greco Omero bensì con la formazione di giovani quadri aziendali della Sponda Sud attraverso stage aziendali nelle aziende della Sponda Nord, i cui costi sono a carico di Homere. Senza dimenticare la parità di genere, sostenuta dal Segretario Generale di Businessmed, Jihen Boutiba Mrad, capelli biondi e tempra d’acciaio come il suo Paese d’origine, la Tunisia, più volte in Italia per accompagnare il lancio del programma Homere. Ma anche a fianco del presidente Sarraf a Roma lo scorso 8 luglio per incontrare il Presidente di BusinessEurope Emma Marcegaglia. Ne è nato un grande Business Forum congiunto Businessmed/ Businesseurope che si terrà a Roma nel prossimo anno.
Qualcosa bolle in pentola nel Mediterraneo, dunque, soprattutto per le PMI, italiane e mediterranee. Perché come diceva Mario Pedini, storico Presidente di Assafrica, «L’impresa privata, soprattutto la piccola e media, è madre di democrazia e sviluppo».
E poiché era anche parlamentare europeo e sostenitore degli Accordi di Associazione, risulta evidente che alla fine degli anni ‘80 l’Unione Europea delle idee (e non quella degli euroburocrati) guardava lontano, ben oltre i limiti temporali del breve e medio termine.