US PAVILION, un’idea americana made in Italy

us pavillonLa grande struttura del padiglione americano nasce dalla collaborazione dello studio newyorkese Biber Architects, vincitore del concorso di progettazione bandito dal governo statunitense, e lo studio Genius Loci Architettura di Milano, incaricato dello sviluppo del progetto esecutivo e della Direzione Lavori

 

Così come fu per l’inaugurazione dell’Esposizione universale di Milano nel 1906, anche questa volta, dopo più di un secolo, il giorno dell’inaugurazione 1° maggio 2015 è stato caratterizzato dal mal tempo. Nonostante la sfortunata partenza, l’evento dell’inizio del secolo scorso fu un grande successo. I visitatori furono 10 milioni e fu allora che Milano visse la sua ribalta internazionale guadagnandosi il titolo di città industriale alla stregua di altre simili aree europee.

Come allora, Milano lancia in questi mesi il suo guanto di sfida al mondo e la combinazione climatica malaugurata di partenza lascia ben sperare. Milano si presenta con un tema tanto elementare quanto pregnante per tutto il contesto mondiale, l’alimentazione. Nutrire il pianeta, Energia per la vita è il titolo di Expo 2015. Espressione oramai entrata negli occhi di tutti noi che di Milano abbiamo fatto la nostra casa e che per 2 anni abbiamo convissuto con il rumore dei cantieri cui si è perdonato ogni disagio purché ci portassero a sventolare la bandiera EXPO. Bandiera che, al di là di tutte le polemiche e gli scontri, ha infuso fiducia e speranza in uno dei periodi più bui della capitale del Nord Italiano dove l’entusiasmo della produzione è stato fortemente stoppato da una crisi dominante. La seconda Esposizione Universale di Milano non rappresenta un 2.0. La città non è infatti stata stravolta, né particolarmente riqualificata in occasione di questa manifestazione, ma si è risvegliata. Con i suoi stessi abiti e con qualche accessorio in più. Abiti che si è costruita addosso nel tempo e che hanno fatto di se stessa la propria forza. L’internazionalizzazione infatti è da molto tempo una delle caratteristiche di maggiore differenziazione di questa città rispetto al resto del Paese, prerogativa che le ha concesso di reagire con molta naturalezza quando la costruzione dei padiglioni ha evidenziato la necessità di impostare delle collaborazioni tra i professionisti dei rispettivi Paesi e locali milanesi.
La grande struttura del padiglione americano nasce proprio così, dalla collaborazione dello studio newyorkese Biber Architects, vincitore del concorso di progettazione bandito dal governo statunitense, e lo studio Genius Loci Architettura di Milano, incaricato dello sviluppo del progetto esecutivo e della Direzione Lavori.
Nel corso dei mesi di lavoro che hanno portato alla realizzazione del grande parallelepipedo ispirato al tradizionale edificio agricolo americano, l’interazione fra la necessità di mantenere palpabile l’identità nazionalistica del concetto e gli strumenti realizzativi è stata proficua.
Il prodotto di questa sistematizzazione quotidiana è un edificio multipiano compatto che celebra la necessità di modelli di sviluppo e progresso alternativi. L’eliminazione di impianti di condizionamento suppliti da una disposizione di spazi e di flussi di corrente di aria naturale si collega alla sfida che gli Stati Uniti vogliono manifestare di costruire una vera e propria fattoria americana.
Coerentemente all’approccio light touch, imposto dal format del Bureau International des Exposition, metà del lotto è rimasto libero da costruzioni e l’altezza dell’edificio non supera il parametro imposto per limitare la monumentalità delle presenze architettoniche. L’edificio si sviluppa in lunghezza assecondando la caratteristiche del lotto che, per lo strano gioco della particolare geopolitica che Expo 2015 propone, confina con quello del Kuwait. 

L’ingresso si configura in una ampia scalinata che serve il piano primo sul quale si sviluppano le principali attività manifesto dell’American Food 2.0, così come il titolo del Padiglione stesso racconta. Il boardwalk è una romantica celebrazione dell’orgoglio statunitense. Il percorso infatti narra la storia USA portando a nuova vita il legno salvato dall’incendio che nel 1932 distrusse Coney Island trasformandolo in doghe di rivestimento del piano di calpestio. Il tappeto ligneo continua la sua celebrazione terminando in prossimità di un maestoso motore firmato General Electrics, simbolo dello sviluppo sostenibile in quanto capace di produrre energia elettrica e termica utilizzando biogas e oli di scarto. La narrazione della storia continua sulle facciate. I colori della bandiera si alternano orizzontalmente sul prospetto Sud Ovest costruito in maniera compatta da una lamiera di alluminio stirata e microforata, realizzata dall’azienda bergamasca Metalltech, abituata a concretizzare sperimentazioni delle più note archistar internazionali.
Le grandi righe blu, bianche e rosse si innestano nell’aggetto che, a sostituzione delle stelle, accoglie piatto e forchetta la cui texture è resa più preziosa da una lavorazione di sublimazione. Anche per il secondo prospetto longitudinale è stato mantenuto un linguaggio materico compatto, ma questa volta vegetale. La parete verde si compone di una struttura portante di tubolari metallici a sostegno di zip tower, parallelepipedi a base quadrata colmi di terra e forati lateralmente al fine di consentire la crescita di ortaggi che saranno serviti all’interno del padiglione. Le zip tower sono infatti realizzate in serra e montate a parete successivamente cosicché l’ortaggio possa raggiungere una crescita sufficiente ad essere raccolto. L’azione di sostituzione avviene con una periodicità pari 2 settimane. Anche su questo fronte, le aziende operatrici sono italiane: Lanaro per la struttura e Peverelli per le zip tower e connesso sistema di irrigazione. Italiano è anche in parte il portafoglio che ha concesso la realizzazione di questo sogno americano. 14 sono stati i milioni di dollari necessari allo sviluppo integrale del progetto e alla sua costruzione, cifra integralmente proveniente da fondi privati e da sponsor tra cui si annoverano le nostrane Mapei e Isoclima. In questi primi giorni dopo l’inaugurazione, l’entusiasmo cittadino e nazionale per l’Expo sta finalmente emergendo, complice anche il grande impatto che le architetture stanno vantando. Assorbito il nobile tema della manifestazione, ciò di cui gli ospiti godono immediatamente sono forme libere da uno stretto funzionalismo e capaci di stupire con quella sperimentazione che solo le Esposizioni Universali concedono.

Chapeau alle mani libere e a coloro che sanno rendere concreti quei tratti.

 

 

STAKEHOLDERS
PROGETTO ARCHITETTONICO Biber Architects, New York (USA)
PROGETTO ESECUTIVO E DIREZIONI LAVORI
GLA – Genius Loci Architettura (nelle figure di Andrea Grassi,
Stefano Boninsegna, Enrico Santi)
AZIENDE ITALIANE CHE HANNO CONTRIBUITO COME SPONSOR
Mapei Opere di impermeabilizzazione/trattamento intumescenza boardawlk
Isoclima Copertura della terrazza in pannelli fotocromatici
FORNITORI ITALIANI IMPIEGNATI NELLA REALIZZAZIONE
Premetall spa / Struttura portante in acciaio e xlam
Lanaro srl / Opere in lattoneria, struttura portante vertical farm
Milani / Impianto elettrico
Panzeri / Impianto meccanico
Vanoncini / Opere interne/ finiture
Peverelli / Vertical farm/zip tower
Metalltec / Facciata Ovest in lamiera d’alluminio anodizzato stirata forata
Gr Group / Pellicole/grafiche