Zigon: «La gestione di un’impresa deve essere dinamica»

Per Getra la scelta vincente è stata combinare un ottimo livello tecnologico e propensione ai mercati internazionali, lasciando inalterata la centralità italiana delle attività di progettazione e ricerca

Presidente la governance quanto incide nelle performance positive di una azienda e quali regole concorrono a determinare buone strategie e minori rischi?

L’andamento positivo di una impresa è sempre frutto di una concomitanza di diversi fattori e la governance è certamente uno degli aspetti fondamentali da curare. Dobbiamo essere consapevoli, però, che l’insieme dei principi, delle regole e delle procedure che riguardano la gestione di una impresa evolve in un processo dinamico, dove è dirimente il progressivo adattamento alla realtà. Per Getra questo ha significato saper combinare un ottimo livello tecnologico e propensione ai mercati internazionali, mantenendo inalterata la scelta della centralità italiana delle sue attività di progettazione e ricerca. La proiezione commerciale verso aree del mondo in rapido sviluppo per noi si accorda con l’esigenza di avere presidi all’estero per gestire la competizione su mercati fortemente concorrenziali. In questo scenario è stato per noi fondamentale disporre di una governance e un management in cui è stata inserita la presenza di competenze esterne e di esperienze internazionali.

Trasferire da una generazione all’altra know-how, conoscenze e competenze manageriali in azienda, maturate in anni di esperienza, rappresenta oggi uno dei passaggi critici del sistema produttivo italiano. Oltre alla gestione delle variabili economico-finanziarie, quali capacità occorre mettere in campo per preservare l’esistenza dell’azienda?

Ho sempre ritenuto che non si diventa imprenditore per diritto dinastico. Lo si diventa se e quando si dimostra di essere in grado di riconquistare e ricostruire tutto quanto è stato ereditato. Ma per fare ciò bisogna essere consapevoli del principio che concepisce il bene aziendale come estensione di un patrimonio condiviso, fatto di valori e di visione, imperniato sul capitale umano e sugli sforzi che si compiono insieme. Aggiungo che il tema del passaggio generazionale oggi non riguarda soltanto l’attività interna all’azienda. Non è più sufficiente assicurarsi che la nuova generazione abbia i requisiti per gestire l’organizzazione del sistema impresa. Oggi la realtà industriale è diventata più complessa, poiché l’economia globalizzata ha fatto in modo che su di essa incidano fattori prevalentemente esterni: le caratteristiche dei mercati internazionali, la competizione globale, aspetti finanziari complessi di economie lontane e diverse dalla nostra. Bisogna quindi avere visione e capacità di interpretare i cambiamenti.

Avere un business sostenibile, oltre la necessaria difesa ambientale, quanto conta per un’impresa?

Conta molto perché la sostenibilità è un concetto non riducibile alle sfide della tutela ambientale e della difesa dell’ecosistema. É invece la filosofia alla base della transizione economica, che è al tempo stesso transizione industriale verso l’innovazione digitale 4.0, ed energetica. Siamo dinanzi a un processo di dematerializzazione dell’economia e solo favorendo la ricerca scientifica e tecnologica sarà possibile produrre le risorse necessarie per promuovere la crescita e combattere la povertà, restando al tempo stesso ambientalmente sostenibili.

Profitto e utilità sociale possono crescere di pari passo?

Non solo possono, ma devono. L’economia oggi non ha solo il compito di realizzare profitto per gli investitori e soddisfare i bisogni di quanti concorrono alle attività d’impresa. Questa sarebbe una concezione riduttiva, poiché la missione di una impresa oggi è anche contribuire alla crescita culturale e sociale dei territori in cui si opera.

L’apertura a capitali internazionali è ancora vista con reticenza dal sistema industriale italiano. Secondo lei invece possono arrivare contributi positivi da gruppi esteri all’industria? Quali invece le insidie da cui guardarsi?

La risposta andrebbe formulata caso per caso. In generale si può osservare che, a meno di non abbracciare la scelta di restare nella piccola dimensione, si rende indispensabile inserire nell’organizzazione aziendale management di qualità. Perché è necessario integrare conoscenze, competenze, saperi per incrementare il contenuto tecnologico dei prodotti e attrezzarsi al difficile cimento della competizione sui mercati internazionali. Tutte queste sono attività ad alta intensità di capitale. Pertanto l’accesso a fonti di finanziamento di mercato, come anche la quotazione in Borsa, sono opzioni da considerare con attenzione. La quotazione in Borsa, in particolare, ha un impatto importante sulle aziende sia sotto il profilo manageriale, sia sotto quello proprietario e relazionale, ma apre anche a interessanti scenari di crescita.

Il suo Gruppo è internazionale. Rispetto al resto del mondo quanto è diverso fare impresa in Italia? Secondo lei inoltre molte imprese lasciano il nostro Paese perché da noi un operaio costa troppo o perché l’Italia tutta non risponde in maniera positiva a chi investe?

L’Italia è un grande Paese, con infinite risorse culturali, intellettuali, di competenza industriale, di know how. Ma è stato a lungo, per oltre cinquant’anni, un Paese culturalmente non vicino e non amico dell’impresa. Penso che se riusciremo a riequilibrare i rapporti superando il corto circuito tra sistema delle imprese e società italiana, getteremo le basi per una fase nuova in cui l’industria sarà al centro del processo di crescita, economica e sociale, del nostro Paese. La scelta di delocalizzare gli impianti in cerca di benefici relativi al più basso costo del lavoro, non ci appartiene. La nostra opzione è nota: aprire l’azienda ai mercati globali dell’energia, senza delocalizzare le produzioni di serie. Negli ultimi anni la Getra ha continuato a investire sullo sviluppo della propria base produttiva, sempre rafforzando le radici in Campania. Così nel 2008 decidemmo di far sorgere a Pignataro Maggiore il nostro secondo stabilimento di produzione dei trasformatori di distribuzione. Più di recente, nel 2016, abbiamo completato un investimento di oltre 30 milioni di euro per l’upgrade tecnologico e logistico dei due stabilimenti di Marcianise e Pignataro, allo scopo di approcciare nuovi mercati con prodotti che fossero a più alto contenuto tecnologico e di ricerca.